sabato 10 settembre 2011

Lib(e)ro, ovvero "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello"


Avete mai letto questo libro? Io sì.
In questa estate strana, ho alternato i consueti gialli scandinavi così da spiaggia e ombrellone a qualcosa di più "serio" come L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks.
Credo che si possa definire un saggio, sicuramente è un libro saggio. L'autore, medico che mi risulta essere ancora attivo seppur anziano, racconta storie di problemi neurologici, non con un taglio alla Doctor House, bensì con uno stile misto tra la glaciale cartella clinica e il personale affetto profondo.
C'è un sentimento dentro, che si mescola alla grande competenza professionale e che è indispensabile per comprendere le vite di persone che, per esempio, hanno percezioni sensoriali così distorte da scambiare la testa della propria moglie per un cappello o non riuscire più a riconoscere il loro stesso corpo.
Quando mi sono slogata la caviglia qualche mese fa ho sentito parlare per la prima volta di propriocettività (e ne ho anche scritto qui, se non ricordo male). In questo libro molti racconti ritornano sul concetto di percezione di noi stessi, che ci muoviamo in maniera automatica senza bisogno di "sentire" il nostro corpo: se prendiamo un bicchiere lo afferriamo e basta, ma ci sono persone, rare per fortuna, che non sono in grado di farlo spontaneamente. Una delle storie che mi ha colpita di più, è proprio quella di una ragazza della mia età che improvvisamente non si è più "sentita", ha smesso di "percepirsi". Il titolo del racconto è "La disincarnata" e, a parte la terribile angoscia che si prova leggendo cose simili, il primo beneficio (se così si può chiamare) che ho tratto dalla lettura di queste pagine è la consapevolezza di me. Ho sempre lavorato molto sul mio corpo e sulla mia mente (sei anni di pilates e sei di analisi direi che sono un buon inizio!), leggere le parole di questo medico, ma soprattutto di questa donna che non si trova più mi ha aiutata a capire l'importanza del collegamento. Si dice "siamo quello che mangiamo", "siamo quello che facciamo"...ma non si pensa a come facciamo a mangiare o a compiere semplici gesti come allacciarci le scarpe o legarci i capelli. Non si tratta di invalidità, disabilità, è una cosa diversa, certamente invalidante ma diversa. Dover guardare la propria mano per muoverla, perchè senza vederla non ci si rende conto di averla, ecco cos'è la propriocettività. Una parola che fino a pochi mesi fa non conoscevo e che invece mi permette di essere Elena ogni giorno.
Quindi, con questa umile e assolutamente personale recensione, vi invito a leggere il libretto azzurro polvere che vedete nella foto, ne vale la pena, capirete molto più di voi e degli altri.

P.S. Quando, verso la fine, arriverete alla sezione dedicata alle forme di autismo capirete il perchè nel titolo c'è quella e tra parentesi, quanta libertà nelle espressioni artistiche di ragazzi da tutti definiti sbagliati e incapaci, prigionieri di un male insuperabile, quanta libertà!

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