lunedì 28 maggio 2012

Un bauletto speciale

Questa è la storia di un bauletto speciale: è un pò che non scrivo di fai da te, di materiali di recupero, di oggetti frutto del riciclo e così sono contenta di presentarvi l'ultima creazione di mamma. La borsa della foto l'ha fatta lei: aiutata dalla sua maestra delle Scuole Vespertine, ha raccolto copie su copie della rivista con cui collaboro e pazientemente ha incastrato 700 (settecento!) tasselli di carta, plastificandoli uno per uno, cucendoli tra loro e scegliendo con cura i soggetti da mettere in risalto con l'intreccio. Non è possibile stare qui a spiegare il meccanismo di produzione, ci vorrebbe un post lungo mille righe e probabilmente mi sarebbe molto difficile rendere comprensibili i vari passaggi della realizzazione, soprattutto dal momento che non l'ho fatto io. Posso sicuramente affermare che è stato un lavoro lunghissimo e mia madre molto paziente: ogni sera, per settimane, l'ho trovata al tavolo di cucina che tagliava, piegava, contava, misurava, cuciva, intrecciava...in silenzio, con la musica accesa e la gatta tra i piedi. Una volta preparati i fianchi e la base, la maestra e la mamma hanno incastrato il tutto, aggiunto chiave e lucchetto, piedini in metallo e piccole rifiniture; io sono intervenuta solo nella scelta delle maniglie e della cerniera, optando per un bel verde bosco ovviamente. Ora non mi resta che vantarmi con tutti, portarla in redazione e sfoggiarla nelle sere d'estate. Grazie mamma!

domenica 27 maggio 2012

Una bella strimpellata tra amici

CONCERTO DEI COLDPLAY. E non ci sarebbe altro da aggiungere, se non fosse che a questo concerto sono andata con tre amici e a Torino altri due amici ci hanno aspettati, ospitati e festeggiati. Vale (la mia socia), Sex (il vicino-vicino), X (da Pisa con amore) tutti in treno verso l'unica data italiana di uno show con la S maiuscola. Arrivati in una Torino very hot (32 gradi effettivi e 57 percepiti) siamo andati a sdraiarci in un parchetto vicino all'Olimpico, tra germani reali, stagni e campi da bocce. Entrare subito allo stadio come avevamo pensato era impossibile: una coda interminabile di persone si srotolava per i viali torinesi incastrata in inquietanti tonnare umane, sotto al sole, lasciando dietro di sé tonnellate di rifiuti sull'erba. Perciò abbiamo optato per la siesta all'ombra, tra discorsi lavorativi non proprio rilassanti, esercizi di autopercezione, pesche noci di Dobbi e fotografie. Quando finalmente ci siamo decisi ad andare la coda era ancora lì, ma ormai dovevamo affrontarla: un'oretta di serpente-cancelli, serpente-transenne, serpente-buttafuori, serpente-biglietto, serpente-oquellalàèsvenuta, fino all'entrata: BRACCIALETTI. Sapevamo che ci avrebbero distribuito questo assurdo gadget figlio del consumismo twitteriano con cui bruciarci le retine a inizio concerto...e, ahimè, ne eravamo felici! Un hotdog di cartone, due gruppi spalla, un'ora di coda per fare pipì in un cesso chimico che nemmeno in Vietnam e poi luci spente...inizia la musica. I Coldplay, assai intelligenti, calcolando l'amore del pubblico per il periodo anni ottanta in cui è nato, hanno fatto partire una bella colonna sonora di Ritorno al Futuro...urli vari, mille foto, video con il cellulare e poi bam! Migliaia di braccialetti accesi, che si illuminano a tempo di musica, coordinandosi con fasci laser, anelli di luce e fuochi d'artificio. A parte l'aspetto scenico a dir poco perfetto e l'acustica buonissima, quei ragazzi hanno superato anche le aspettative di una fan incondizionata come me: due ore di spettacolo rette benissimo, quattro musicisti che suonano tutto e cantano bene, qualche frase paracula (tipo "Ciao Torino!"), molte canzoni nuove e altrettante vecchie che hanno accontentato tutti. Finito il concerto tutti a bere una birra ai Bagni Municipali e poi a dormire da Clara, gentilissima e così ospitale da prepararci una colazione gigante la mattina dopo (con i suoi memorabili pancakes). Questa assurda e bella giornata, incastrata tra settimane difficilissime, spero continuerà a dare i suoi frutti e a tenermi serena ancora per un po', nell'attesa dell'imminente post su un fai da te di mamma davvero memorabile. P.S. Per la foto grazie al vicino-vicino

sabato 19 maggio 2012

E' cosa buona e giusta

Questo è un post scritto a caso, senza una vera motivazione, o forse per riordinare tutte le cose che mi passano accanto quasi senza fare rumore. Per quanto mi piacciano gli elenchi, mi rifiuto di stilare una lista degli avvenimenti degni di nota che mi sono successi in questi dieci giorni di assenza. Scrivo poco, non ho tempo. Non ne ho nemmeno troppa voglia in verità, mi pare di non avere nulla da dire quando invece la mia testa sta scoppiando. Non ho foto da utilizzare perchè la mia schedina della macchina fotografica è andata persa in una delle decine di borse che lascio appoggiate qua e là e l'idea di comprarne una nuova non mi sfiora nemmeno un pò...perciò continuerò ad attingere dalle tante immagini scattate negli anni, quando finiranno, ci penserò. E' forse questo il problema? "Quando finiranno, ci penserò". Il fatto che abbia scelto la foto della mia ombra non credo che sia un caso, è come se fossi smaterializzata. Non è certo la prima volta che mi capita, ma ora le cose che stanno accadendo è come se fossero semplicemente di passaggio, inutili, momentanee, senza sapore. Così immateriali che le vivo pensando "Vabbè facciamolo. Quando finirà ci penserò". Dopo quasi 48 ore senza medicine il collo ricomincia a tendersi e a farsi sentire, era prevedibile visto il periodo allucinante che sto vivendo e la probabile relazione tra la salute e la mia incapacità ad uscire dalle situazioni emotivamente insostenibili. Rispetto al passato c'è però una novità: sono finalemente in grado di vedere chiaramente le responsabilità delle cose, di godere dei momenti buoni e di riconoscerli subito, di prendere le distanze dalle occasioni di stress banale, da quelle situazioni cioè che semplicemente non si ha voglia di vivere ma che fino a pochi mesi fa avrei comunque accettato perché era quello che ci si aspettava da me. Nelle cose grosse sono ancora in alto mare, non sono capace di dire aiutatemi, di far capire agli altri con un pò di convinzione che la mia misura è colma e la mia forza quasi esaurita. Ci sono però giorni in cui chiacchiero al Porto Antico con un po' di facce sorridenti e di teste intelligenti, che faccio animazione ad una classe di bambini così consapevoli delle difficoltà di questo mondo da essere commoventi, che mangio una pizza buonissima e passo il resto della serata esattamente come ho voglia di trascorrerlo, che lascio libera la mente qualche ora rimandando le cose di concetto a quando mi sentirò più riposata per affrontarle. Ci sono mattine in cui guardo passare gli aironi davanti a casa, elenco su un foglio le cose da fare e poi scopro di aver scritto: - rilassare la schiena - scrivere impegni sull'agenda - riordinare la stanza - dormire un poco - leggere qualcosa - farsi un caffè - scrivere un post. Leggo le cose che ho scritto e mi faccio tenerezza da sola perchè non ho dovuto ricordarmi di lavorare ma di dormire, perchè quando ho preso in mano l'agenda gli impegni li avevo già scritti e ho dovuto solo annotare una possibile (e tanto sperata!) cena dalla Ale, perché non è giusto prendere appunti sulle contratture muscolari o esortarsi da soli a leggere qualche pagina.

lunedì 7 maggio 2012

Sex and the city

"...Il sesso è un veicolo diverso, che fa deragliare tempo e significati, un iperspazio biologico lontano dall'esistenza cosciente non meno dei sogni, non meno dell'acqua dall'aria...". Ho iniziato a leggere Sabato, di Ian McEwan. Mi piace. Probabilmente è prematuro dirlo, forse il fatto di leggerlo in treno, isolandomi da tutte le voci di sottofondo, dai pensieri del mattino che comincia, dalle preoccupazioni da risolvere e affrontare, mi facilita le cose. Per la sera sotto le coperte (anzi, sotto il piumone, nonostante sia maggio già da un pò), ho lasciato sul comodino 1Q84 del buon Haruki, saranno almeno dieci anni che con cadenza regolare leggo uno dei suoi libri, quasi sempre non resto delusa. Solo che il megatomo di Murakami non si presta granché al trasporto pubblico, anzi, non si presta granché al trasporto in generale: con il suo chilo abbondante è già difficoltoso maneggiarlo a letto, figuriamoci tenerlo in borsa o leggerlo sul treno. Sabato, invece, con la sua edizione leggera e la cover color petrolio è quello che ci vuole per iniziare una giornata, possibilmente lavorativa. Di solito scrivo di libri già terminati o almeno letti per buona parte, questa volta no e il perchè sta nelle prime due righe del post. Tra pagine di parole, messe insieme talmente bene che spesso mi viene da pensare "cavoli, avrei reso esattamente così quel sentimento o quella sensazione, peccato che non sarei mai riuscita a scegliere in modo tanto perfetto i termini da usare e mescolare", ci sono frasi come quella sul sesso che ho scritto quassù e che rappresentano esattamente ciò che penso io sul tema. Lo Sminatore probabilmente mi direbbe che sto indossando per l'ennesima volta il mio inadeguato vestito da cinica, forse avrebbe ragione, non so. Sicuramente non sono mai stata un'inguaribile romantica, anzi, non ho mai pensato che il sesso fosse la naturale conseguenza dell'amore, ho sempre ritenuto infatti che il sesso fosse sesso e basta. Con questo non voglio certo dire che vada fatto sempre e comunque, anche quando non ha alcun significato, anche solo come valvola di sfogo. Penso infatti che il sesso fatto tanto per farlo sia abbastanza inutile e a volte pure poco furbo. Credo però che il voler per forza collegare il sesso ad un gesto d'amore, il voler riempire di dolcezza qualcosa che molto spesso poco si discosta dal puro istinto animale, non sia un atteggiamento particolarmente sincero. Le parole del libro "fa deragliare tempo e significati" sono molto vere, secondo me: facendo sesso si pensa a sé, all'altro, al momento che si vive, agli odori che ci riempiono, ai rumori che si sentono e tutto questo lo si fa senza pensare a nulla. Pensare senza pensare. I pensieri veri sono in gioco prima e spesso anche dopo. Le parole dette o sentite per arrivare al sesso sono così spesso diverse (persino opposte!) da quelle che si dicono e si sentono dopo...Per non parlare del tempo, che scorre veloce o lentissimo, senza che se ne abbia minimamente la percezione. "Un iperspazio biologico lontano dall'esistenza cosciente non meno dei sogni, non meno dell'acqua dall'aria", in quei momenti, anche se si è insieme alla persona di una vita, anche se c'è l'amore a rendere tutto più bello, si è lontani da sé, dalla costruzione del pensiero logico, anche quando ci si prova non si riesce ad incasellare le idee, le sensazioni, le emozioni. Si vive il momento e basta. Quando non è così, quando si ha il tempo di fare la lista della spesa per la cena del giorno dopo, quando si riesce a ragionare sull'orario dei treni o sulle case in affitto, allora non è più cosa. Almeno secondo me, s'intende. Spero che Sabato continui a stupirmi, a tenermi incollata alle pagine e ai caratteri fitti fitti uno in fila all'altro, trasportandomi, come pochi autori sanno fare, in una dimensione parallela, che si apre con il pshhhh delle porte di un regionale e si chiude con il treno che rallenta nella mia stazione.

martedì 1 maggio 2012

La possibilità di non guardare

"La vita umana non dura che un istante. Si dovrebbe trascorrerla a fare ciò che piace, in questo mondo fugace come un sogno viver nell'affanno è follia. Ma non rivelerò questo segreto del mestiere ai giovani, visto come vanno le cose oggi nel mondo potrebbero fraintendermi." Inizia così Linea Gotica dei CSI. Non è il caso di dare tutto il merito a Giovanni Lindo, perchè facendo un pò di ricerche sul web, la mia abissale ignoranza è stata parzialmente colmata dalla corretta attribuzione di queste verissime parole, in parte e un pò diversamente, frutto della mente di Yamamoto, ammiraglio giapponese nella Seconda Guerra Mondiale. Comunque, a parte questo, la mia intenzione non era né scrivere un post di storia, né un post musicale. La mia intenzione era di pensare, cercando un punto di vista tranquillo e poco coinvolto: difficile, visto che si tratta di me. Ennesima proposta lavorativa interessante, ennesimo probabile mio rifiuto, ennesimo dilemma ed ennesima resa dei conti. Questa volta, però, ho chiesto consiglio, ho vivisezionato la possibilità, pro e contro debitamente elencati nel mio cervello...da che parte pende la bilancia? Forse resta ferma, forse pende verso i contro. Ancora senza la certezza matematica penso rifiuterò, sarà comunque difficile pentirsi tanto quanto l'ultima volta. Giorni di pioggia, di testa vuota, di sguardo velato: "...la facoltà di non sentire, la possibilità di non guardare, il buon senso la logica i fatti le opinioni, le raccomandazioni..." forse l'ho già scritto da qualche parte qui, in questo album dei ricordi e delle giornate future che è diventato il mio blog. "...Occorre essere attenti per essere padroni di stessi, occorre essere attenti....la mia piccola patria dietro la Linea Gotica sa scegliersi la parte...", adoro questa canzone dai tempi del liceo, da quando con la Eli come migliore amica, i CSI erano diventati il pane quotidiano. Due brani, quelli che ho appena scritto, che sono sempre utili nel mio cammino, che ricorrono nella mia mente ogni volta che mi sento in difficoltà. In questo periodo sono fin troppo immersa nella facoltà di non sentire e nella possibilità di non parlare, anzi, forse sarebbe pure il caso di uscirne. Però mi sembra si essere circondata da buon senso, logica, fatti, opinioni, raccomandazioni, che non chiedo, non cerco e arrivano comunque come i piccioni sulle briciole. Allora occorre essere attenti, ma tra le medicine e la stanchezza la mia soglia di vigilanza è bassissima e io sono esposta alle aggrssioni come una ferita senza cerotto. Non mi riesco a difendere, so esattamente quello che dovrei/potrei fare e, semplicemente, non lo faccio. Non sono padrona di me stessa, riconosco per la prima volta nella vita, di essermi pentita di alcune scelte, di aver sbagliato e valutato male alcune possibilità. Pazienza, basterebbe rimboccarsi le maniche e impegnarsi affinché non accada di nuovo, ma non ci riesco e quello che mi viene più istintivo fare è, come al solito, infilami sotto le coperte. Ma non credo sia quella la mia parte.