sabato 28 luglio 2012

L'urgenza

Ho sempre avuto delle urgenze, delle cose che non potevo proprio aspettare e che cercavo di far accadere con ogni mezzo e il prima possibile.
Una storia che sta finendo e che io ammazzo senza pietà prima del tempo perché non sopporto le agonie, un libro che ho visto in vetrina o di cui ho letto una buona recensione che non posso attendere a comprare, un cibo che ho voglia di mangiare e che a qualunque costo mi procurerò.
In tante situazioni mi accontento, non pretendo, lascio correre, fingo di non vedere, ma a volte non ce la faccio.
Una delle cose che per me hanno l'urgenza è scrivere: se ho bisogno di tirare fuori un pensiero, di mettere nero su bianco un ricordo, di raccontare un'esperienza, io la scrivo. E' così che è nato questo blog, per buttare giù sensazioni, arrabbiature, paure, storie, parti di me. Non sempre mi riesce di parlare, scrivere invece funziona ogni volta. Ho scritto poesie che ero ancora alle elementari, ho tenuto un diario, ho conservato quaderni pieni di sogni notturni da ricordare, ora scrivere è diventato anche un piccolo lavoretto. Nulla di più semplice per me.
Qualcuno in passato mi ha rimproverato di non scrivere mai di lui, poi ho rimediato. Spesso mi sento dire che scrivo cose troppo tristi, che sono troppo negativa, salvo poi essere ricordata dal mio professore di italiano del liceo come una delle più solari della classe. E lui di tema mi dava dieci.
Oggi ho chiacchierato del mio modo di scrivere con un amico e questo mi ha ricordato che dopo la settimana appena trascorsa c'era l'urgenza:
casini vari, visite mediche più serie del previsto e per la persona più cara che ho (queste sì che sono cose che poi mi fanno crollare), allagamenti nella casa nuova che se avessi potuto evitare lo avrei fatto proprio volentieri, imprevisti lavorativi, momenti di sconforto vero, mancanze che sento già con largo anticipo, difficoltà logistiche ad affrontare giornate stra complicate abitando in un posto meraviglioso ma di una scomodità imbarazzante.
Sento l'urgenza di un lettino al sole, di un libro e di riuscire a pensare che si aggiusterà ogni cosa, magari anche abbastanza velocemente, che i mille lavori da fare nell'Albero della Coccagna siano meno impegnativi e costosi di quello che temo, che la situazione precaria a livello economico in cui mi trovo si risollevi un pochino, che la mia incapacità a trovare un'uscita da questo loop di sconforto venga presto sostituita da una botta di vita positiva che mi illumini anche il viso spento.
Vorrei avere più forza per accogliere serate di chiacchiere senza vederle come momenti duri, vorrei ridare spazio agli amici che non riesco a frequentare, vorrei passare ore a farmi guardare da quegli occhi tagliati con l'accetta che ancora oggi sembrano capire tutto.
E' urgente.

sabato 21 luglio 2012

A gambe incrociate

Da ieri sera alle cinque ho le chiavi di casa. Dopo aver salutato con un "a presto" i vecchi proprietari mi sono seduta al centro della sala nuova, a gambe incrociate sul parquet, con mezzo sorriso e tanti pensieri.
La prossima settimana mille corse negli uffici, volture per le utenze, cambi di residenza, sopralluoghi del muratore, misure da prendere. Poi scatole. Libri, vestiti, piatti, tazze, cd, creme, lenzuola, asciugamani, quadri...tutto impacchettato e portato via da qui.
Bisognerà arredare una sala, una camera da letto, una cucina, una dispensa e un bagno. Dovrò scegliere il letto, il comò, il divano, le librerie, il frigorifero, la credenza, le tende, lo specchio, il tavolo, le lampade. Per non parlare delle cose piccole come i copriletti, i vasi, il microonde, il porta sapone, lo scolapasta, i cuscini, l'appendiabiti, le pentole e tutte quelle robe inutili che sono sempre le prime a venirmi in mente.
Proverò, per gioco, ad aggiornare il mio blog con i vari acquisti, ad aggiungere foto degli oggetti comprati, regalati o trovati nella spazzatura che diventeranno gli abitanti della mia nuova, grande, tana.
Dovrò:
- dovrò decidere se portarmi dietro il primo stereo della mia vita, quello che mi regalò papà così tanti anni fa che ormai è equiparabile ad un grammofono;
- dovrò cercare il posto adatto per la sedia a dondolo, rigorosamente vicina ad una piantana per leggere in tranquillità;
- dovrò comprare la vernice-ardesia per dipingere una parete in cucina e trasformarla in una lavagna;
- dovrò scegliere il colore per il muro dietro al letto, tra mille sfumature di verde;
- dovrò trovare il punto giusto dove appendere le mie seggiole da campeggio;
- dovrò pensare a una soluzione per appoggiare diecimila vasi di fiori sulla finestra della cucina;
- dovrò scegliere uno zerbino per l'ingresso di casa che ricordi a tutti dove stanno entrando;
Dovrò pensare a tante cose ed ognuna mi servirà a pensare a me stessa, senza fare l'errore di considerare questo l'inizio di una nuova vita, ma semplicemente una crescita, fatta di passato, ricordi, bisogni e possibilità.

P.S. Nella foto i saluti della mia campagna, che mi regala libellule affettuose per dirmi ciao.

mercoledì 11 luglio 2012

Bibidibobidibù

E' mia!
La casa dico.
E' MIA.
Da due giorni sono proprietaria di una casa, un appartamento in verità, un piccolo appartamento a dirla tutta. Il famoso Albero della Coccagna.
Come per magia, bibidibobidibù, ho aspettato tanti mesi, posticipato incontri e firme, zittito amici che chiedevano e colleghi che volevano sapere...ed eccomi qui, è mia!
In un salone affrescato e condizionato di nascosto, su poltroncine vellutate e comode, tra sorrisi di circostanza e strette di mano fredde e sudate, abbiamo firmato.
La mamma seduta con le mani in grembo, che pensava a lui sicuramente, contenta di sistemarmi e triste di farlo da sola, tranquilla nel suo fare la madre che pensa al futuro di una prole precaria, ma stanca davanti ad una assenza troppo pesante anche stavolta.
Io, come al solito, mi sentivo in colpa: graziata da tanta generosità, taciuta dal destino che mi ha tolto a chi dire un grazie vero, bloccata dai ricordi e dal pensiero che avevo un tempo. Come mi immaginavo questo giorno da piccola?
Con un uomo accanto, un compagno, marito, fidanzato, vattelapesca che firma con me l'acquisto di un rustico da sistemare, circondato da terreni, alberi e campi di meloni, con un pancione in avanzata malcelato da un vestito di mussola a fiori e un po' di genitori assortiti rimasti a casa, pronti per brindare e criticare la nostra scelta affrettata.
E invece? Di bucolici mi sono rimasti i pensieri, il nido di capelli arruffati, la salopette da contadino anni '40 e l'abbronzatura da prato che mai eviterò; davanti al notaio non c'erano compagni, mariti, fidanzati, vattelapesca, non c'erano pancioni, meloni e tetti da ristrutturare, ma c'era la mamma con tutta la sua forza e c'ero io con tutta la mia paura. Paura di non meritarmelo, di non farcela a pagare le bollette, di vivere mesi senza un frigorifero e con i libri nelle scatole, di crogiolarmi nella solitudine a vita senza considerare che non c'è il prato fuori dalla porta e che in città ci viviamo in tanti. La ragazza di campagna, come mi chiama a volte il vicino-vicino, si trasferisce nella metropoli, sarà in grado di non piantare bulbi nel bidet, non indossare le galosce per andare al Carrefour, non appendere foglie anche in dispensa e non raccogliere l'insalata nelle aiuole?
Credo di no. E meglio così!

domenica 8 luglio 2012

Go chicken go!

Palio del Gallinaccio 2012.
Come tutti gli anni, ormai da diciotto direi o forse persino di più, ho partecipato al Palio del Gallinaccio di Crevari.
Che cos'è?
E' una corsa di pennuti, galline per la precisione, che si sfidano a chi arriva primo in un piccolo campo sterrato ai piedi dell'Anpi in Campenave.
Questa festa però é anche qualcosa di più, è un modo per stare insieme, per riunire gli abitanti di nove contrade intorno a un tavolo, per costringere gli anziani ad uscire, per permettere ai bambini di giocare insieme, per fare incontrare amici di una vita che tra il lavoro, la casa, le ferie, la famiglia non si vedono mai.
Al Palio corrono le galline di Vesima (il mio rione!), Borgonuovo, Fontana, Gallo Cedrone, Vessuo, Rian, Porcelletta, Campi e Pozzetti (che in dialetto sarebbero troppo difficili da scrivere). Ogni pollo viene trasportato nella sua portantina, addobbata con i colori della contrada e seguita dai vari partecipanti alla festa, anch'essi agghindati come alberi di Natale, con campanelli, nastri, passamanerie e dorature che nemmeno nel Medioevo più spinto.
Dopo una bella passeggiata tra le vie di Crevari, davanti a casette colorate, giardini fioriti e curiosi (tifosi!) affacciati alle finestre, l'allegra ciurma si siede attorno a lunghe tavolate al riparo di alberi e pergolati e mangia abbondantemente tra cori di sfida e chiacchiere tranquille. La cena termina nel fermento, le contrade scendono al campo di gara, i fantini si posizionano nelle corsie secondo ufficiale sorteggio, il giudice osserva attento e il cronista dà il via.
A questo punto è un vero delirio: galline che corrono, svolazzano e invadono gli spazi avversari, false partenze, insulti, urla, squalifiche. Quest'anno, come al solito, il primo tentativo è andato fallito e il giudice ha ordinato di rifare tutto, alla seconda partenza però, mi tocca scrivere di nuovo come al solito, ha vinto il Vessuo. Sono ormai almeno tre anni che il trofeo campeggia nella contrada gialla e nera, si mormora addirittura che la gallina da corsa venga allenata mesi prima dell'evento e, se davvero fosse così, si meritano proprio di vincere visto che la nostra cocca arriva alla gara quasi sempre addormentata e di correre non se ne parla proprio.
Quindi sarà per il 2013, primo sabato di luglio, quando ci incontreremo di nuovo tutti in piazza e percorreremo le vie della nostra infanzia. Magari, superati i trenta, mi farò cucire dalla mamma un abito da dama e smetterò le vesti di giullare che indosso da troppo tempo...
Go chicken Go!

P.S. Foto del vicino-vicino, gran tifoso d'eccezione.



giovedì 5 luglio 2012

Il dilemma

Una canzone di Gaber, che è tutto il giorno che mi accompagna. Ne ho parlato stamattina con la Elli, la mia collega al circolo, senza poi riuscire a togliermela dalla testa.
E' un testo così vero, così doloroso e nello stesso tempo così pieno di dignità, da non aver bisogno di nessun commento, anzi.
Ulteriori parole sarebbero troppe, perché ognuno si identificherà in almeno una frase, ognuno sentirà un groppo in gola cogliendo un passaggio, ognuno si ritroverà con gli occhi velati davanti a una parola.
Se non fosse così, se leggere e ascoltare questa canzone non mi facesse nessun effetto, io mi preoccuperei davvero.

Il dilemma

In una spiaggia poco serena
camminavano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo era forse più audace
più stupido e conquistatore
la donna aveva perdonato, non senza dolore.
Il dilemma era quello di sempre
un dilemma elementare
se aveva o non aveva senso il loro amore.

In una casa a picco sul mare
vivevano un uomo e una donna
e su di loro la vasta ombra di un dilemma.
L'uomo è un animale quieto
se vive nella sua tana
la donna non si sa se ingannevole o divina.
Il dilemma rappresenta
l'equilibrio delle forze in campo
perché l'amore e il litigio sono le forme del nostro tempo.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente
perché morire e far morire
è un'antica usanza
che suole aver la gente.

Lui parlava quasi sempre
di speranza e di paura
come l'essenza della sua immagine futura.
E coltivava la sua smania
e cercava la verità
lei l'ascoltava in silenzio, lei forse ce l'aveva già.
Anche lui curiosamente
come tutti era nato da un ventre
ma purtroppo non se lo ricorda o non lo sa.

In un giorno di primavera
quando lei non lo guardava
lui rincorse lo sguardo di una fanciulla nuova.
E ancora oggi non si sa
se era innocente come un animale
o se era come instupidito dalla vanità.
Ma stranamente lei si chiese
se non fosse un'altra volta il caso
di amare e di restar fedele al proprio sposo.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
con le parole che ognuno sa a memoria
sapevan piangere e soffrire
ma senza dar la colpa
all'epoca o alla Storia.

Questa voglia di non lasciarsi
è difficile da giudicare
non si sa se è cosa vecchia o se fa piacere.
Ai momenti di abbandono
alternavano le fatiche
con la gran tenacia che è propria delle cose antiche.
E questo è il sunto di questa storia
per altro senza importanza
che si potrebbe chiamare appunto resistenza.

Forse il ricordo di quel Maggio
gli insegnò anche nel fallire
il senso del rigore, il culto del coraggio.
E rifiutarono decisamente
le nostre idee di libertà in amore
a questa scelta non si seppero adattare.
Non so se dire a questa nostra scelta
o a questa nostra nuova sorte
so soltanto che loro si diedero la morte.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
non per una cosa astratta
come la famiglia
loro scelsero la morte
per una cosa vera
come la famiglia.

Io ci vorrei vedere più chiaro
rivisitare il loro percorso
le coraggiose battaglie che avevano vinto e perso.
Vorrei riuscire a penetrare
nel mistero di un uomo e una donna
nell'immenso labirinto di quel dilemma.
Forse quel gesto disperato
potrebbe anche rivelare
come il segno di qualcosa che stiamo per capire.

Il loro amore moriva
come quello di tutti
come una cosa normale e ricorrente
perché morire e far morire
è un'antica usanza
che suole avere la gente.