giovedì 30 agosto 2012

Coraggiosità

Bibbi è una gatta molto coraggiosa.
Credo abbia quattro anni, anzi forse cinque, quindi è quasi vecchia.
Però resta un animale di carattere: particolare, selvatico, testardo, simpatico...di carattere appunto.
Nel tempo ha acquistato diversi soprannomi, da Agata (A-gatta), a Titti, Bibbi, Pribbi, Pribs, DinDin...soprattutto a quest'ultimo nomigliolo risponde dilingentemente con versi vari ed eventuali, stiramenti, occhi strizzati, sbadigli, spostamenti in diagonale a dir poco ridicoli e completamente disarticolati.
Agata è coraggiosa perché si fa picchiare, non sappiamo per quale nobile causa, se per questioni di territorio, cibo, sesso o semplice stupidità, sta di fatto che molto spesso le prende di santa ragione. Di solito succede durante la notte, mentre dormo. Capita sempre più di frequente che intorno alle quattro io venga svegliata da urla strazianti (emesse soprattutto per scena) che provengono dal giardino. Mi alzo, strascico il passo, mastico qualche insulto, sposto i capelli informi spiaccicati sulla faccia, tolgo il ferro morto, apro porta e zanzariera e la trovo lì: una specie di orribile scoiattolo spelato, con gli occhi fuori dalle orbite e la cresta sulla schiena, pronta e schizzare in casa prima ancora che abbia capito cosa stia succedendo. A quel punto mi limito a richiudere tutto, sosta pipì in bagno e letto immediato subito dopo. Nel mentre Bibbi si nutre, ingerisce quantità smodate di crocchette rumorosissime che rimbombano in tutta la casa mentre i denti felini le triturano terrorizzati, per poi vomitare tutto tre secondi dopo. Se sono fortunata la palla di cibo viene riversata in un angolo, a volte addirittura nella cassetta, molto più spesso in mezzo al corridoio. Questo significa sperare ardentemente di non dover di nuovo far pipì prima della mattina, o per lo meno di accendere la luce per andarci, altrimenti, CHE SCHIFO.
Il giorno dopo le aggressioni Agata di solito sta chiusa in casa, dorme su una seggiola o sotto un mobile, in fondo ad un armadio o tra le lenzuola. Passa così mezzo pomeriggio e poi si decide a riaffrontare il crudele mondo fuori, pronto ad ammazzarla per un topolino. Pochi minuti fa l'ho lasciata uscire, dopo venti ore di riposo post pestaggio: probabilmente ieri se l'è vista brutta a causa di un tasso (animale molto comune qui), data la quantità di pelo secco e scuro che aveva sotto le unghie, il grado di sconvoltezza che l'ha accompagnata tutto il giorno e la puzza di bestia selvatica che la ricopre uniformemente da ventiquattrore.
Io penso, mentre scrivo e aspetto che la camomilla si freddi un poco, che ammiro molto la mia piccola gattina, brutta da far paura, scambiata quasi sempre per un animale randagio, selvatica più di una faina, con un occhio piccolo e uno normale, con la coda storta e il naso nero, con il pelo di una pecora e la voce assente, che nonostante tutto affronta il mondo ogni giorno come se fosse la prima volta. Si affeziona ma non troppo, si butta anche se ha paura, si allontana ma poi torna sempre, si fa coccolare anche se con un orecchio sempre teso...da qualcuno avrà preso, no?

sabato 25 agosto 2012

Chi di verde si veste di sua beltà si fida

Ieri dopo il lavoro sono andata all'Albero della Coccagna, per vedere la mia nuova parete verde. E' bellissima. Mi ha raggiunta anche il vicino-vicino che ha concordato con me sulla bellezza del colore e sull'ottima idea di incorniciare la tinta con un bordo bianco, in questo modo la stanza sembra più profonda e si sfrutta l'effetto scenografia teatrale. Sono contenta anche del grande arco tra soggiorno e cucina, sembra fatto apposta per aiutare la luce a circolare e con lei la musica, i pensieri e le chiacchiere degli amici che inviterò a cena. Loro potranno starsene spaparanzati sul mio divano o sul tappeto parlando con me che traffico ai fornelli, io riuscirò a guardare in faccia gli ospiti e magari a posare un piatto di assaggi sul muretto di ardesia che ci separa.
Credo che a ottobre sarà tutto pronto, comprerò le cose indispensabili per prendere la residenza, trasporterò i vecchi mobili che sono qui a casa dei miei, metterò la mia vita nelle scatole e comincerò a vivere nella nuova tana.
Una cosa che vorrei tanto è che ci fossi anche tu, anche se non approveresti i lavori come non avresti approvato l'acquisto, che faresti mille storie per aiutarmi a impacchettare i libri e non ti muoveresti mai per venirmi a trovare. Invece mi limito a sognarti come al solito, più vivo che mai, che guardi con me una grossa cassetta di legno in giardino, piena di uova e bambagia. Ci sono uova enormi di struzzo che pulsano sotto i nostri palmi, lunghe uova piatte arancioni di qualche raro pesce, uova nere di pipistrello (ma mica fanno le uova loro), uova rosa di gallina, uova piccole bianche di passerotto, riccioli di uova di insetto. Non so come sia finita, non so se si sia schiuso qualcosa oppure no, una porta è sbattuta e mi sono svegliata. So però che ci saremmo presi cura di qualunque animale fosse nato, così come abbiamo sempre fatto con rospi, serpenti, ricci, gatti, uccellini, bruchi, lumache e pesci rossi, proteggendoli da tutto e da tutti, osservandoli adattarsi alla nostra casa, mentre la mamma li guardava con sospetto.
Nella mia nuova tana non ci saranno animali, cercherò di curare piante e comprarmi fiori colorati per rallegrare la cucina, ma non porterò nessuna bestiola a vivere in città. Lascerò Agata qui nel mio giardino incantato e la verrò a trovare ogni volta che potrò, giocherò con i mille cani di Marta e con Il Signor Siberia di Nessie, la notte sognerò i nostri animali e penserò ogni volta a te che giochi con loro mentre il sole tramonta.



mercoledì 22 agosto 2012

Tutto sapendo non sappiamo nulla


Non ho voglia di scrivere nulla.


Uomini


Non esistono al mondo uomini non interessanti.

I loro destini sono come le storie dei pianeti.
Ognuno ha la sua particolarità, non ha un pianeta che gli sia simile.

E se uno viveva inosservato e amava questa sua insignificanza,
proprio per la sua insignificanza egli era interessante tra gli uomini.
Ognuno ha il suo segreto mondo personale.
In quel mondo c'è un attimo felice.

C'é in quel mondo l'ora più orribile,
ma tutto ci resta sconosciuto.

Quando un uomo muore,
muore con lui la sua prima neve,

e il primo bacio e la prima battaglia…
Tutto questo egli porta con sé.

Rimangono certo i libri, i ponti,
le macchine,le tele dei pittori.

Certo, molto è destinato a restare,
eppur qualcosa sempre se ne va.

É la legge di un gioco spietato.
Non sono uomini che muoiono, ma mondi.

Ricordiamo gli uomini, terrestri e peccatori,
ma che sapevamo in fondo di loro
Che sappiamo dei fratelli nostri, degli amici?
Di colei che sola ci appartiene?

E del nostro stesso padre
tutto sapendo non sappiamo nulla.
Gli uomini se ne vanno…
e non tornano piú

Non risorgono i loro mondi segreti.

E ogni volta vorrei gridare ancora
contro questo irrevocabile destino.

E. Evtushenko

lunedì 20 agosto 2012

Fichi neri a colazione

E' mattina e ho pochissimo tempo per questo post.
Tra quindici minuti devo entrare al lavoro, cinque ore oggi, spero. Poi di corsa all'Albero della Coccagna a vedere come vanno i lavori e poi di nuovo a casa per cercare di dormire. Ho fatto colazione con i fichi neri e pensato a mio padre tutto il tempo. Immaginavo che questo lunedì non sarebbe stato semplice, un po' per il mal di testa incessante da giorni, un po' per il fine settimana impegnativo appena trascorso, un po' per i giorni di lavoro-scrittura articolo-lavoro-scrittura articolo-ufficio-lavoro-scrittura articolo che mi si prospettano. Non ci sono isole felici, nè tra poco nè tra tanto tempo. Mi sento circondata da persone che non capisco, che detengono o pretendono di detenere diritti sulle scelte altrui (le mie per esempio) che nemmeno mia madre si permette di accampare.
Non ho tempo per scrivere il blog perché la mia concentrazione è assorbita dalla consegna del pezzo per l'editore, non ho tempo di pensare a me perché gli altri vengono prima. L'unica cosa che mi riesce sempre bene è essere felice per la gioia di chi amo, è scorgere la contentezza negli occhi tagliati con l'ascia per una nuova partenza piena di emozioni, è prendermi le mie responsabilità e chiudermi in un locale in pieno agosto, con un caldo micidiale, per accontentare tutti e guadagnare qualcosa che mi eviti il peso totale sulle finanze di mamma.
Io però dove sono?
Per fortuna mi restano i fichi neri a colazione.

sabato 11 agosto 2012

Un senso

Sono successe tante cose sensate. Che hanno cioè dato un senso a questo periodo, a questo momento della mia vita in cui facevo un po' fatica a capire cosa dovessi fare per muovere le acque e sentirmi meno zombie. Non ho fatto nulla e tutto si è mosso da solo.
Una mail inaspettata ha girato in positivo la mia giornata di giovedì, alle 8.00 ero già così eccitata che mi sono scordata di fare colazione e quando è arrivata la Ale avevo così tante cose da condividere con lei che la fame non si è fatta più sentire fino a metà mattinata. Siamo andate alle Terme (il mio regalo di compleanno per la mia migliore amica), io sapevo dai racconti di mamma che era un posto pieno di sorprese, ma non credevo così tanto. Immersa nell'acqua della vasca a 35 gradi, piena di bolle che mi stimolavano le piante dei piedi, mi rovistavano la pancia, mi gonfiavano il costume, mi spianavano la schiena e mi massaggiavano il collo, ho pensato che in fondo siamo così simili agli ippopotami, a mollo nei fiumi quando fuori fa troppo caldo, vicini ai propri simili ma quasi ignorando la loro presenza. Alle Terme ho anche pensato al primo romanzo di Gramellini, quello che anni fa mi regalò lo Sminatore, ma ho fatto fatica a ricordarne i passaggi. Ho pensato anche alla Divina Commedia mentre entravo nella stanza del vapore a 50 gradi e poi passavo in quella fresca dell'aerosol termale. Ho trascorso un giorno intero come in una bolla, come in quei sogni così particolari che ti accorgi di essere addormentata proprio a causa dell'assurda atmosfera in cui ti trovi. Ho chiacchierato con Ale camminando in fiumi freddi e in fiumi tiepidi, spalmandoci olio di jojoba sdraiate al sole, mangiando l'insalata di pasta che avevo preparato la sera prima all'ombra di un gazebo. Ho dormito rannicchiata su un divano mentre Ale leggeva il suo libro sui Mori, sono rientrata in vasca, andata alla ricerca di una tisana e verso sera ho permesso che mi facessero il primo massaggio della mia vita. Relax naturalmente. Riposata, distesa, con i capelli a boccoli e il sorriso tranquillo sono tornata a casa e sono scesa al ristorante sulla spiaggia per cenare con mamma. Lì ho trovato lavoro: per tutto il mese di agosto darò una mano al bar e in sala, racimolando i soldi per comprarmi il frigorifero e forse pure qualcosa di più. Nel frattempo il primo articolo che scrissi per la rivista al momento dell'assunzione è stato pubblicato ed uscirà tra qualche giorno, uno è già di là sulla mia scrivania, uno è in stampa proprio in queste ore e uno mi è stato commissionato ieri mattina. Avrò poco tempo per prepararlo dato l'impegno nel locale, ma incastrerò come al solito tutti i pezzi e ricomincerò a costruire cose per me, compreso ritagliarmi lo spazio necessario per una nuotata o per una camminata a picco sul mare, almeno quando le mie gambe saranno un po' più allenate a trascorrere otto ore dietro al bancone di un bar.
Immagino che tra un po' dovrò anche pensare di fare un salto dal parrucchiere per gestire i serpentelli che si annidano nella mia testa e che in settimana dovrò trovare il modo di seguire i muratori che iniziano i lavori nell'Albero della Coccagna.
Tre giorni e mille cose, tre giorni e una sensazione di senso.

sabato 4 agosto 2012

Disintossicazione profonda

Primo post di Agosto, di un Agosto che si preannuncia caldissimo.
Io ho bisogno di disintossicarmi. Da cosa? Dal veleno che mi riempie, che scorre dalla punta dei miei piedi alla cima dei miei capelli. Da dove arrivi non lo so, o meglio posso immaginarlo, come si combatta mi è completamente ignoto.
Ignoto era anche il titolo della mia tesina di maturità, avrei dovuto già allora capire che non sarei stata una ragazza lieve. Non ricordo quasi nulla degli argomenti che avevo tentato di collegare nelle varie materie, so che per storia avevo parlato dei campi di concentramento come di un posto che nessuno conosceva prima di finirci, avevo portato il concetto di entropia per cercare di agganciare anche fisica, e avevo introdotto le teorie sui buchi neri per scienze.
Credo che in questi giorni potrei tranquillamente ridare l'esame di maturità con il massimo dei voti: non c'è quasi nessun campo in cui abbia una vaga idea di quello che mi aspetti. Il lavoro di cui non mi va di scrivere nulla, la mia salute che pare discreta fino a che non mi guardo allo specchio e vedo il mio trapezio sinistro più alto del destro di almeno tre centimentri o non osservo il cielo e con lui i fili neri che mi passano davanti gli occhi, la salute di mia mamma che è al centro dei miei pensieri in quanto non propriamente buona, la condizione della casa che procede con mille dubbi, ripensamenti, insicurezze, paure.
Non ci sarebbe nulla di particolarmente strano se non vivessi questa situazione con una sorta di rabbia perennemente incastrata tra i denti, che poi non viene sempre fuori come rabbia, ma piuttosto come veleno serpeggiante, sottoforma di risposte acide, preoccupazioni eccessive, insonnie notturne, aggressioni estemporanee.
Qualcosa mi aiuta, per esempio camminare (del resto il medico che me lo ha prescritto lo ha fatto nella speranza che mi servisse ad eliminare le perfide tossine post virus), oppure leggere perché mi immedesimo nelle vite di altri o mi limito a seguire le difficoltà altrui accantonando le mie.
In questa giornata fatta di mega negozi di mobili pieni gente e aria condizionata improponibile, sono riuscita a ritagliarmi un momento per infilare le scarpe da running e le cuffie e uscire con il sole che tramontava, per scrivere un articolo, per bermi una Moretti e, a brevissimo, per leggere un po'.
Notte.