domenica 21 ottobre 2012

Magnolia

Tra pochi giorni comincerà il Festival della Scienza, il mio terzo Festival.
L'anno scorso mi era parso di arrivarci stanca, primo anno di dottorato, relazione all'inizio di dicembre...quest'anno è molto peggio.
Così, per dire due cose velocemente, poi sul Festival tornerò solo a conti fatti come al solito, mi aspettano due articoli in consegna all'inizio della prossima settimana e arrivati all'improvviso, un power point molto importante da presentare dopodomani, delle analisi stra urgenti da interpretare e continuare in museo, dei turni al circolo, un trasloco. Un delirio insomma.
Ma su questo, semmai sopravviverò, scriverò un'altra volta.
Ora è indietro nel tempo che voglio tornare, per ricordare, in vista della mia nuova casa, quella in cui sono nata (e cresciuta fino ai 12 anni).
Quando ero piccola vivevo in una villa, che detto così sembra figo. Questa villa era immersa nel verde ma in bocca all'autostrada, come molti dei palazzi storici di Liguria, inghiottiti da viabilità quantomeno discutibili, assaliti da industrie, campi da calcio e complessi residenziali che dire orribili è dire poco, abbattuti per lasciare spazio ad altro, a qualcosa di più moderno e sicuramente più remunerativo.
La casa dove sono nata era grande, aveva un giardino attorno con una magnolia enorme che arrivava oltre le finestre della cucina, aveva dei ninfei sul retro e una scalinata con due leoni di marmo. Io infilavo sempre le dita nelle narici dei leoni e parlavo con loro, li toccavo, salivo in groppa e sentivo sotto i polpastrelli la consistenza zuccherina della roccia esposta al vento, al sale e alla pioggia, tutte cose che poi avrei studiato all'università. La mia casa aveva un salone gigante, completamente affrescato con bambini nudi e fiori e cornucopie e decorazioni sui toni del verde (ovvio, era casa mia!), aveva la moquette, l'angolo bar, le librerie alte e i contenitori per i miei giochi. Qui ci facevo il presepio con papà, l'albero con mamma e giocavo seduta per terra con qualunque cosa mi capitasse a tiro (anche con i fiammiferi, come nella foto).
Nelle altre stanze non stavo quasi mai, non dormivo volentieri e nemmeno mangiavo con gusto, il tinello lo usavo giusto per spaparanzarmi davanti alla tv con il siamese piagnone sotto l'ascella o il succo alla pera con la cannuccia, mentre fare la doccia nella vasca significava morire dal freddo velocemente in un posto potenzialmente tiepido, schiumoso e calmo. La cosa più odiosa del mondo.
Ho tanti ricordi della mia prima casa, dei flash che tornano in sogno o mi arrivano davanti se le mani toccano qualcosa di simile alla moquette, se sento l'odore del fiore di magnolia o mi trovo di fronte ad una vasca d'acqua, ricoperta di muschio e capelvenere, piena di conchiglie e pesci rossi...come quelli quassù.


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