lunedì 29 aprile 2013

Io mi trovo

Uno strappo alla regola: post dall'ufficio.
Credo sia il secondo, forse il terzo in quasi tre anni. I motivi sono diversi: non togliere spazio al lavoro, non pensare troppo a cose faticose, conservare il buon tempo del post scritto a letto con qualcosa di caldo da bere o sul treno al ritorno da un viaggio. Oggi però ne sento la necessità.
E' ora di pranzo, ho già fatto fuori la torta di verdura davanti al pc (altra cosa che mi sono ripromessa di smettere di fare, individuando un piccolo e umido giardino a 5 minuti dall'ufficio dove andare a consumare i miei pasti in tranquillità e solitudine) e tra poco riprenderò ad aggiustare foto, scrivere report, sistemare spettri.
Pioviggina, reale motivo per cui non sono uscita e sono rimasta qui. La mia collega è in vacanza, il prof è andato a casa per pranzo e Lady Labyrinth di Einaudi suona nei miei auricolari.
Ho trascorso una lunga notte insonne, non so nemmeno io perché, sogni angosciosi, letture piene di spunti, mal di testa.
L'inizio della mattina è stato un disastro, poi le cose nei laboratori hanno cominciato a girare per il verso giusto e ora, con estrema riluttanza, comincio a rilassarmi. Scrivere, come sempre, mi cura.
A volte penso che dovrei farlo seriamente, che dovrei riprendere quella cosa iniziata mesi fa, che dovrei cercare altre collaborazioni, che anche continuare a copiare il diario di mio nonno potrebbe essere utile, per lo meno a relativizzare. Certo però, che se l'alternativa a leggere un libro bellissimo e pieno di me, dei miei affetti, della mia vita, dovesse diventare riportare su computer la prigionia di mio nonno a Mauthausen, poi non posso lamentarmi delle notti bianche che mi aspettano.
Tra qualche giorno operano mamma, una cosa semplice, un piccolo pensiero. La settimana prossima altro viaggio a Milano per lavoro e poi si srotoleranno i preparativi per la settimana al Congresso di Rimini e i tre giorni di Bologna. Chissà se nel frattempo la primavera si sarà decisa ad arrivare lasciandomi il piacere di correre la sera e di regalarmi un po' di spiaggia tiepida verso il "giardino incantato". Qualche notte fa mio padre ed io abbiamo litigato perché voleva portassi al collo una piccola croce di legno e pregassi il dio che aveva incontrato...quanti urli, quanta rabbia, quanto dolore. Fregata da lui, che di solito arriva in sogno per proteggermi e che questa volta, di ritorno da un viaggio in cui aveva trovato la verità, mi costringeva senza riserve a credere in un mondo colpevole di esserselo portato via.
Nel libro che sto leggendo c'è una ragazzina che cerca suo padre, ci sono occhi-fessure, c'è la mia città, ci sono le mie canzoni, i miei libri e le citazioni che più ho amato, ci sono le statue che ho tanto studiato (persino l'angelo con le braccia conserte!), c'è quel cucinare che rilassa e che ho scoperto vivendo con me, c'è la lontana vicinanza, c'è il riconoscersi nell'altro in equilibrio sulla fune.
Quando e se digerirò questo romanzo magari ne scriverò qui, come faccio di solito.
Ora, anche se è presto, anche se la mia pausa pranzo con scrittura-terapia associata mi ha rubato poco più di mezz'ora, mi immergo nei volti di pietra che mi conoscono e stanno muti, nei muri colorati, negli occhi vuoti e perfetti, nelle bocche serrate, nei vestiti di seta, nei bambini pallidi come cadaveri, nelle pennellate d'oro e nei prati verde di rame. Io mi trovo anche lì.

giovedì 25 aprile 2013

Libere promesse

Domani è il 25 aprile, Festa della Liberazione.
Io tradisco di nuovo il Ponente e vado a trovare la Elli a Framura. E' previsto tempo buono, è previsto un treno, è previsto un gruppetto di amici, sono previste le zuppe inglesi avanzate al Circolo ieri sera, è prevista una lunga camminata nei luoghi che ben conosco attorno a Montaretto, è prevista un po' di libertà.
Libertà dalle cose di tutti i giorni, dal lavoro che va bene ma che ancora non ho ingranato nel verso giusto (ammesso che un verso giusto ci sia), dai pensieri da casalinga che mi vergogno quasi di avere (c'è da stendere il bucato, quanta polvere per terra, devo cucinare i pranzi per i prossimi giorni), da questo corpo che sta cambiando e che mi pare di non riuscire a controllare.
Negli ultimi mesi ho imparato a raccogliere con gli occhi piccoli momenti liberi sparsi qua e là, nel tempo e nello spazio. Oggi una mezz'ora di lettura al sole mi ha rimesso a posto dopo una mattina poco produttiva, questa sera la passeggiata post aperitivo con la De ha fatto emergere la giusta stanchezza per crollare nel sonno tra poco e staccare il cervello come si deve.
Un video scoperto per caso, un anellino da piede dorato fatto fare su misura, i biscotti a letto con la tisana calda, un profumo d'infanzia incontrato la mattina presto, un odore che amo nascosto nei panni stesi del vicino, la gobba a ponente della luna che domani eclisserà pure un poco, un pensiero riaffiorato che richiede veloce un mezzo sorriso.
Riuscire a vedere cose enormi nelle cose piccole è un dono che ho sempre invidiato a chi riesce a stupirsi delle semplicità e ora, improvvisamente, ne sono capace anche io. So bene a chi devo dire grazie per questo obiettivo raggiunto, saper vedere il buono dove già esiste è una cosa bellissima.
E così mi concentro su questo, sui momenti vissuti giorno per giorno, cercando di memorizzarli e di non farli passare senza che lascino traccia. Mi piacerebbe avere una macchina fotografica in grado di immortalare non solo l'immagine ma anche i suoni, gli odori e le sensazioni che provo, ma per ora l'unico modo di rivivere quei piccoli istanti di sorpresa è scriverne, immaginando di raccontarli a qualcuno con tutte le sfumature a disposizione.
In questo modo potrei spiegare un pezzetto del mio pomeriggio con il profumo di focaccia, il rumore degli operai, il calore dell'ardesia, l'odore delle pagine, la voce della mamma che chiama Viola distratta da un cagnolino, la luce che inonda tutto, il pizzicore della sciarpa sul collo sudato, la morbidezza del velluto marrone della giacca, l'aria di primavera che si infila ovunque.
E con questo video, trovato in uno dei blog che mi fanno sognare di più, mi preparo alla festa di domani e mi accoccolo sotto le nuove lenzuola gialle, che profumano di notte e di piccole libertà:
http://www.underthetreemag.com/

lunedì 15 aprile 2013

Quei momenti che ricorderai

Sono giorni strani, che scorrono lenti, come un magma tiepido e viscoso che scende dal pendio e ricopre tutto. Sassi, rami secchi, piccoli ciuffi d'erba, bruchi, fiorellini gialli, cespugli spelacchiati.
E' arrivato il caldo, il "mio" caldo.
Ieri, unica volta nella vita, ho tradito il mare di ponente e ho raggiunto i primi scogli disponibili ad est dell'albero.
C'erano un sacco di persone, c'era molta luce, c'erano gelati, colori fluorescenti, bancarelle, bandiere e amiche che leggevano assopite. Ieri, come avantieri, la giornata è trascorsa lenta. Sabato nella solitudine del porto, domenica nel caos della riviera, ho cercato il mio sole e il mio cuore. Li ho trovati entrambi.
Un vestito arrotolato in vita per scoprire un poco le braccia, i jeans infilati nello zaino a far da cuscino, i piedi nudi, gli occhiali scuri, il muccetto e un libro sul finire. Di quelle letture che fanno male come poche, che descrivono i tuoi atteggiamenti di una vita e smontano dinamiche che sai già dovevi distruggere prima.
Frittata e avanzi di Circolo per pranzo, crema solare spalmata troppo tardi, minuti che sembrano ore, pensieri che si rincorrono senza sostituirsi mai l'uno all'altro. Così, enormi cumuli di ricordi, sempre più alti e solidi, ondeggiano davanti al mare.
Su questo treno partito da Milano, in ritardo e lento come tutto il resto, si avvicina il tramonto mentre scrivo a mano su un foglio strappato a caso.
Davanti a me una ragazza legge "Nel segno della pecora" di Murakami, poco più in là un uomo legge "Educazione Siberiana". La montagna di ricordi si alza e ricomincia ad ondeggiare.
Ci sono istanti, quando le giornate si dilatano così tanto, che arrivano veloci e bloccano il tempo per un attimo, dando il senso alle ore, mettendo un accento.
Ieri quell'insegna dal nome che non ricordo incontrata tornando a piedi, qualche giorno fa un cane che abbaia lontano fermando un cattivo pensiero arrivato sul divano, sabato la collana perenne comprata per onorare il rito, ora il ticchettio nervoso delle dita sulla tastiera di un pc mentre le sagome nere degli alberi scorrono fuori dal finestrino.
Come sempre.

martedì 9 aprile 2013

Le cose semplici

Sabato mi hanno detto "a noi piacciono le cose semplici vero?".
A parlare era uno dei bimbi del corso di robotica per il quale ho collaborato questo week end. Uno scricciolo biondo, dal gran sorriso, gli occhi svegli e una forza che non si immagina.
Come avrei voluto dargli ragione...
Come mi sarebbe piaciuto potergli dire "Sì, è così" e ricevere un po' della sua forza attraverso uno dei tanti abbracci della giornata.
E invece non è così per niente, si cresce e le cose semplici diventano complesse, quello che ci sembrava leggero sparisce sotto mille pesanti pensieri e ci abituiamo presto a rendere grevi pure le banalità del quotidiano.
Scrivo al plurale, come se fosse un atteggiamento comune a molti, ma magari invece non è così, forse sono io che non riesco a liberarmi dalle zavorre di me stessa.
Trascorrere due giorni con ragazzini pieni di entusiamsmo, voglia di vedere davvero le cose, di provare a inventare, misurare i propri limiti per poi superarli con tenacia o timidezza, mi lascia sempre divisa a metà.
C'è la parte di me carica di adrenalina, che ha giocato accovacciata, distribuito focaccia, urlato di gioia, versato acqua nei bicchieri, ascoltato lamentele, accarezzato testoline vivaci e dispensato linguacce, sguardi e sorrisi. Poi c'è la parte di me che non è riuscita a stare al passo con se stessa, che si è fatta travolgere dalle cose della vita, quelle che prima erano leggere e poi sono diventate pesanti, che non ha saputo difendersi dalle sue paure e ha riempito di difficoltà anche i sentimenti più liberi.
E non è perché da piccoli le fatiche non si conoscono, le lotte sono lontane...tutt'altro. E' proprio in mezzo a bambini con grossi pesi che mi sento sempre una persona incapace di prendere la vita con più leggerezza, seguendo i miei bisogni istintivi, domandando le cose che vorrei, chiedendo aiuto quando serve, dicendo no mille volte e sì ancora più spesso.
Mi piacerebbe conoscermi ora come mi conoscevo a sette anni, quando le aspettative degli altri non mi avevano ancora modificata così tanto da impedirmi addirittura di ricordare com'ero. Mi piacerebbe regalare alle persone che amo la Elena fatta di sorrisi improvvisi, decisioni dell'ultimo minuto, abbracci inaspettati, regali estemporanei, gesti pieni di affetto, che conoscevo tanti anni fa.
Piangere per una grande paura, reclamare attenzione, condividere un successo ("mamma, guarda!"), domandare perché, farsi venire male alle guance dalle troppe risate e alla milza dalle lunghe corse, appassionarsi a qualcosa, esprimere il proprio punto di vista senza temere di essere giudicata, cercare le coccole, saper giocare da soli come in compagnia, raccontare se stessi alle orecchie più fidate.
Come mi piacerebbe, prima o poi, poter rispondere "Sì, è vero, a noi piacciono le cose semplici..."