domenica 7 luglio 2013

Sulla collina

C'è un sentiero, pieno di curve. Terra polverosa e bianca, un po' di pendenza e il sole forte che brucia tutto. Gli odori sono violenti, non si vedono nuvole, non c'è speranza di conforto immediato. Il fagotto pesa, quadretti blu, sulla punta del bastone storto e scomodo, come in una favola con il viandante che arriva all'ostello.
Niente riposo stavolta, le gambe sono pesanti, fanno male le cosce, il fiato è corto e doloroso sotto alle costole tese. Sudore, paura, sicurezza di non farcela, rabbia, arresa.
Pensieri sul perché stia succedendo tutto questo, la notte calda non porta aiuto, si somma solo il buio ad altro buio e i terrori si moltiplicano, si accoppiano, si sdoppiano. E' una malattia? E' impossibile curarla? E' davvero solo la testa? C'è davvero quell'unica soluzione nel bicchiere la mattina perché davvero si è deciso di non proseguire oltre?
Occhi chiusi e si cercano pensieri freschi, la castagnola con la coda divisa a metà che stuzzica le dita pucciate nel mare, il piccolo granchio coraggioso che attraversa il mondo in orizzontale e non teme le onde enormi capaci di stravolgere la sua mappa. Gli animali non hanno sensi di colpa.
Una solida, commovente sicurezza, la porta la mente che inquadra l'unico grande rapporto che basta a se stesso e che rende degno un cammino così: due donne vicine che davanti a grossi massi hanno saputo salirci sopra e guardare al di là, senza dividersi alla base per superarli e senza tornare indietro. Solo con questo pensiero si supera la paura della notte, si calma il cuore in affanno, si ignorano le immagini più brutte.
La mattina arriva con le cicale, l'odore di erba secca che punge le narici, i bastoncini duri che graffiano la schiena sdraiata, la sete e, di nuovo, le gambe che non reggono. La collina è grande, sugli altri sentieri le persone camminano a passo svelto, chiacchierano, salutano chi è arrivato sulla cima e sta tornando indietro, per cercare un nuovo viaggio.
Qui tra la terra gialla c'è solo un'impronta, che ogni tanto si ferma e così sul sentiero si confondono i segni delle suole mentre si cerca l'acqua nel fagotto, mentre improvvisamente non si trattiene più la paura di mollare e si scoppia a piangere senza smettere mai, mentre la sensazione di aver sbagliato strada avanza prepotente. Arrivano tutti in cima e qui si resta fermi. Ci si fanno le foto di gruppo, si festeggia, giacche colorate, sorrisi bianchi e non importa se qualcuno è rimasto indietro, se non si è teso la mano, se si è fatto del male, non ci si pensa più.
Le persone lasciate, quelle che si potevano aiutare, quelle non capite, quelle ferite per errore, per paura, per semplice umanità, chi cammina sul sentiero di polvere le tiene nel fagotto a quadretti blu e cerca di portarle fino in cima. E qualche volta i boschi freschi vicini ai ruscelli, i giardini incantati, i vini buoni, i libri belli, le ombre sul muro, non bastano per trovare la forza di mettere un piede davanti all'altro e continuare a salire lassù, sulla collina.


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