lunedì 16 settembre 2013

Abitudini

Tutti noi abbiamo delle abitudini, piccoli riti, vere e proprie manie, atteggiamenti ricorrenti che ci portiamo dietro magari da anni, a volte da sempre.
L'uomo è abitudinario per natura, basti pensare al bar dove si fa colazione alla mattina, al parrucchiere che, una volta scelto, difficilmente si cambia, al posto a sedere che a lezione resta sempre quello, a costo di fulminare con lo sguardo il primo malcapitato che ha occupato inavvertitamente la "nostra", solita, seggiola.
Le abitudini servono, ci fanno sentire sicuri, ci proteggono perché possiamo esercitare il controllo su qualcosa e, anche se fosse solo il sedile dell'autobus su cui fare il viaggio la mattina per andare al lavoro, vale la pena di lottare per mantenerle.
Le abitudini ci coccolano, fanno parte di noi, come i gusti musicali, come il piatto preferito, come i ricordi d'infanzia, come i profumi di una vita. Anzi, spesso le abitudini sono proprio tutto questo, posizionato in un momento preciso del giorno, nella speranza che quello che accade fuori dalla nostra volontà possa essere contenuto da tanti piccoli punti saldi.
Io non credo di avere molte abitudini, ma le poche che ho sono sacre e, soprattutto, sono talmente istintive che quasi non mi accorgo di portarmele appresso.
Da piccola non ho usato il ciuccio ma ho fatto la punta al mio dito indice per un sacco di tempo, tenendo occupate entrambe le mani mentre bevevo il latte dal biberon. Crescendo ho imparato a usare una mano sola per sfregarmi le dita fino ad annientare le impronte digitali e l'abitudine di dormire con Salamino, il mio cane di pezza rosa (ormai una sorta di siluro marcio), non l'ho mai perduta.
In questi giorni più che mai mi rifugio nella ripetitività dei gesti, tanto da rischiare di confondere un pomeriggio con quello prima, tanto da arrivare a sera e non sapere cosa è accaduto nelle ore appena passate. In questi momenti difficili per le persone che ho vicino, quando la mia empatia patologica fatta di somatizzazioni e crolli improvvisi nel passato diventa pericolosa e inutile per chi ha bisogno, la tisana della sera è preziosa.
Così come "la ditata" sul pulsante della radio appena entrata in casa, come il rumore della chiave poggiata sul piatto egizio dei nonni un attimo prima di andare a letto, come la pagina di libro letta sotto le lenzuola, come la goccia di crema idratante davanti allo specchio ogni mattina, come il caffè nel "mio" baretto bianco, come la bottiglia d'acqua fresca appena entrata in dipartimento.
A volte invidio chi sa partire all'avventura, chi fugge la routine, chi spera in un grande cambiamento, chi scappa appena può. A me però piace restare, scegliere ogni volta che devo viaggiare la borsa impermeabile grigia, quella leggera e piena di tasche. Mi piace ascoltare "Welcome Home" di Radical Face quando sento di essere tornata al mio posto, mi piace preparare i datteri ripieni a Natale, pulire tutta la casa quando sono in preda all'ansia e fare da sola il primo bagno in mare della stagione.
Mi piace sfilare gli anelli solo in un'occasione, cercare rifugio nella mia serie TV una volta a settimana, fare colazione da Feltrinelli la domenica mattina, comprare ogni mese una rivista di design d'interni, leggere solo libri gialli d'estate e romanzi di Murakami in primavera, indossare sempre le stesse scarpe ai funerali.
Questa sera ho quasi finito, devo semplicemente lasciar cadere le chiavi sul piatto, leggere una pagina di libro e abbracciare Salamino.

2 commenti:

  1. ......habit, come un abito che ci ritagliamo addosso.
    Io sono invece in un periodo in cui le vecchie abitudini si stanno rivelando strette, spero con un po' di fantasia di riuscire a cambiarle.
    Un abbraccio, Barbara

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  2. E allora in bocca al lupo Barbara, i cambiamenti sono importanti quanto le abitudini!
    Un abbraccio

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