venerdì 17 gennaio 2014

La finestra di fronte

Quando ero piccola facevo un gioco: seduta sul sedile posteriore dell'auto, di ritorno da una serata al cinema o da qualche cena da amici di mamma, guardavo passare i palazzi accanto a me e immaginavo la vita dietro alle finestre illuminate. Penso fosse un'abitudine comune a molti, ma ricordo che per me era un vero e proprio rito, da novembre in poi, quando le giornate ormai inesorabilmente corte lasciavano molto presto spazio al buio, io mi incantavo a osservare quei quadratini di luce. Se ero fortunata poteva capitare che qualcuno passasse davanti alla finestra proprio mentre guardavo io, piccole sagome nere indaffarate a vivere vite che non conoscevo, lontane dalla mia, forse brutte, forse meravigliose, forse normali.
Mi pare di ricordare che in certi casi fossi persino arrivata a dare un nome agli abitanti di quelle case, seduti al tavolo di una cucina, con la tovaglia chiara illuminata dalla luce fredda di un neon tondo, anni ottanta, con una bottiglia di birra aperta e una TV che va, ignorata da tutti.
Crescendo non ho mai perso questa abitudine, anche adesso che sono grande (!) e vivo da sola continuo a guardare verso le luci accese e Genova mi offre sempre un'opportunità perfetta per coltivare questa strana mania: la Sopraelevata. Da quel serpente più alto di tutto posso scorrere centinaia di metri di case accese, di appartamenti grandi, uffici, piccole stanze, tende rosse, tende rotte, persiane un poco accostate, vetrate immense. Ancora stasera, come sempre passeggera, le ho guardate tutte, soffermandomi su quelle che ormai conosco e che aspetto ogni volta con (im)pazienza: quella dove ho abitato due anni, incastrata tra le pareti gialle e i tetti dritti, quella del vicino-vicino, quella dei vicini matematici-fotografi-pasticceri e quella della famiglia nuova nuova che per arrivare sale mille scalini. C'è la sala piena di quadri e mobili scuri, come se fosse una galleria d'arte, con una grande televisione a schermo piatto sempre accesa, oggi guardavano un gioco a premi mi pare e la luce era come al solito troppo forte. La linea di uffici tutti uguali mi porta alla mia preferita, quella con il balcone pieno di strane piante mezze secche, pendule e bellissime, quella che ha un lampadario enorme, un insieme di bicchieri di vetro colorati che colano dal soffitto e scendono su un grande tavolo; questa casa è a due piani secondo me, perché pure l'ammezzato sopra, con le travi a vista e tutti i libri, non può che appartenere alle stesse persone. Poco dopo c'è un appartamento pieno di piante da interno, tutte accostate alle finestre e una appesa ad un vaso di corda, la luce non è mai troppa...forse leggono, forse sono riservati, gli abitanti di quella casa.
Pian piano che ci si avvicina alla parte più affaticata, ai vicoli più difficili, le piante non si vedono più e le stanze sono spesso attraversate da corde per il bucato e mobili rotti. A volte le finestre hanno un vetro solo e a volte la luce arriva da lampadine appese a un filo, e basta. Le case di Genova hanno spesso i soffitti alti e questo significa soppalchi, dalla Sopraelevata se ne vedono tanti, con le lenzuola che penzolano, i poster dei cantanti attaccati alle pareti e le librerie piene di volumi da studenti universitari. Quando cammino per strada e non ho la visione così privilegiata che mi regala la Sopraelevata alzo il naso e provo comunque a immaginare cosa ci sarà, una delle scene che preferisco è la ragazza che rientra con un sacchetto di carta marrone, all'americana per intenderci, pieno di cose da mangiare e un mazzo di anemoni mosci da mettere subito in acqua. Immagino un gatto che miagola, una luce che si accende, immagino un papà che rientra stanco e due bimbi che gli si appendono ai pantaloni, immagino una zuppa che bolle, una doccia che va, un neonato che piange, un vecchio che toglie la dentiera, una coppia che fa l'amore, una casa vuota e buia. Anche quando sono a casa mia, accoccolata sul divano con un libro e una coperta penso a cosa vedrà la gente sotto casa, penserà che la luce è troppo fredda? E' vero, avete ragione, ma le lampadine più gialle erano finite. Penserà a quanto sono alte le finestre? Eh sì, per questo non lavo mai i vetri e il solo pensiero di mettermi a smontare le tende mi inorridisce. Penserà alle mie piante d'edera che scendono coraggiose? Ci penso anche io, tutte le volte che infilo la chiave nel portone, controllo la posta e accendo la luce.

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