martedì 15 luglio 2014

Adesso però vattene

Oggi, 15 luglio 2014, dichiaro ufficialmente chiusa la battaglia. Basta, la guerra è finita. Sei "uscito a comprare le sigarette" nove anni fa e non sei più tornato. Non è che ci sia molto da aggiungere.
Grazie alla mia proverbiale capacità di rimozione io non ricordo quasi nulla di quel giorno, dei giorni dopo e neppure di quelli a venire, tanto che stamattina ho chiesto a un amico se lui suo padre morto se lo ricorda, tanto che poco fa mi sono messa a spulciare i mesi di luglio degli anni passati su questo blog.
Nel primo raccontavo tutto, con molto distacco magari, perché intanto i particolari li ho tirati fuori tutti parecchio tempo più avanti, nero su bianco, lontano dai riflettori. Nel 2011 c'era la novità del mareincucina, mentre sia il 2012 sia il 2013 sono trascorsi senza che il 15 luglio entrassi qui.
Oggi, invece, all'inizio del decimo anno di assenza, io ti saluto.
Saluto tutto quello che mi ricordo e tutto quello che non mi ricordo. Saluto ciò che mi ha insegnato essere tua figlia e ciò che mi ha tolto. Saluto la tua barba lunga e folta, i tuoi occhi verde acqua, i tuoi baffi gialli di nicotina, il tuo sorriso sornione come il mio, il tuo naso perfetto, il tuo corpo pesante, la tua pelle bianca, la tua nuca che guarda il mare, i tuoi sandali improbabili, le tue tute che lasciamo perdere, la tua pancia, la tua voce monocorda, i tuoi denti un po' così, i tuoi interminabili silenzi, le tue cene impareggiabili, i tuoi diciottomila caffè, i tuoi sonni lontani, il tuo gusto per il bello, le tue radio che parlano nel vuoto, i tuoi fiori, il tuo pudore, la tua ironia, il tuo carattere di merda, la tua presenza, la tua assenza.
Sei libero di andare, sei libero di lasciarmi libera. Sei libero di andare via dai miei anni di analisi, dalle mie pastiglie, dalle mie insonnie, dalle mie paure, dalle mie malattie, dalle mie conquiste, dai miei fallimenti, dalle mie gioie, dalle mie foglie, dai miei colori, dalle mie lacrime invisibili, dai miei urli abortiti, dalla mia imperdonabile incapacità di dichiararti morto ogni volta che lo dicevo a qualcuno. Chi mi conosce meglio di chiunque altro mi ha fatto notare, qualche giorno fa, come non abbia mai parlato di te con il trasporto e la presenza a se stessi con i quali bisognerebbe parlare di un genitore morto giovane. Beh, è così. Sembrava sempre che raccontassi del papà di un vicino di casa, dello zio del fruttivendolo, del tabaccaio in fondo alla via.
Poi però il destino ti porta all'obitorio e ti mette davanti a quello che non hai mai voluto guardare davvero e, quasi dieci anni dopo, esplodi. Milioni di immagini ti scorrono davanti, proprio come quando si muore, o almeno così dicono. E io, nello stesso modo, ho ricominciato a vivere. E tutto mi sembra bello, tutto mi sembra degno di essere vissuto, tutto mi sembra superabile, tutto mi sembra un'opportunità. La mia voce comincia ad avere un peso, il mio tempo a valere tanto quanto quello degli altri, le mie notti a fare meno paura.
Oggi, 15 luglio 2014, dichiaro ufficialmente chiusa la battaglia.
Tu puoi finalmente andare.
Io posso finalmente restare.

P.S. E il modo migliore per salutarti è con una colonna sonora che ti piaceva tanto, ma ho scelto questa versione, più divertente dell'originale di "Un tranquillo weekend di paura", che diciamocelo Pa, gran film, ma forse ero un po' piccola!

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