domenica 10 agosto 2014

Il mio Albero genealogico

Sempre di Albero, dopotutto, si tratta.
L'idea l'ho presa da questo post, perché anche io, come un sacco di ragazze nel mondo, sono Clioaddicted. Chi mi conosce sa che mi trucco poco (quasi nulla), giusto in inverno e solo raramente oso un po' di fondotinta e di colorito posticcio, altrimenti sono unicamente gli occhi che "curo" di più: un velo di rimmel d'estate, una riga di matita e un carico più strong di mascara quando fa freddo. E basta. A volte burrocacao, ultimamente (ma per terapia, è una storia lunga...) metto lo smalto.
Clio la seguo perché mi rilassa: in un pomeriggio di tristezza autunnale ho scoperto che ascoltare un suo tutorial significava imbambolarmi e non pensare a nulla. Da quel giorno, sembra assurdo, non ho mai più smesso di farmi tranquillizzare da lei e questa storia della parentela l'ho scoperta così, navigando alla ricerca di tranquillità.
Ricordo che da piccola ricostruii tutto il mio albero genealogico da parte di mamma, fu un lavoraccio, ma mi piacque e mi fece sentire parte di qualcosa di grande, complesso, storico.
Qui, più semplicemente, vorrei pensare a cosa ho preso e da chi, questioni genetiche insomma, appartenenze più o meno visibili che mi legano ad uno o ad un altro membro della mia famiglia. Difficile famiglia. Stramba Assurda famiglia.
Allora, sorriso di papà e risata di mamma. Perché c'è differenza. Se tiro fuori i denti mi illumino tutta come mia madre, ma in genere alzo solo mezzo angolino delle labbra e via con le fossette del babbo. Capelli sottili come papà ma mossi come mamma. Occhi verdi-marroni-grigi-gialli di mamma ma taglio di papà. Naso di papà con punta di mamma. Mani di mamma, senza dubbio. Pelle fotofobica di papà, senza dubbio.
Voce di mamma (e meno male, mi viene da dire), piedi di papà (e meno male, mi viene da dire di nuovo).
Tutto il resto è un frappè. Un grosso frullato generazionale, in cui la parte femminile arriva dritta dal ramo maschile e viceversa. Ho la struttura fisica del fianco largo (ma, ahimé, delle tette piccole) dell'area romagnola di nonna Licia, così come l'amore per la cucina e per il cibo in generale. Se mia madre potrebbe andare avanti a riso in bianco e verdure lesse io, quando posso scegliere, inforno qualcosa.
Sono paziente all'inverosimile e questo credo arrivi invece da Rosa la nonna materna, o forse da Luigi nonno paterno. Sicuramente non dai miei genitori.
Amo la musica da matti e Luigi, beh, cantava lirica.
Leggo anche sotto la doccia e quello è facile, arriva da mamma e da nonno materno Bartolomeo.
Spenderei tutti i soldi che ho, pure quelli dei vicini di casa se necessario, e come me facevano mio padre e sua madre, non so nulla dei bisnonni e dei prozii invece, che con nomi esotici come Tancredi, Vinicio e Ione, per quanto mi riguarda avrebbero potuto fare qualsiasi cosa.
La parte invisibile, quella davvero genetica per capirci, l'ho raccolta con attenzione, scegliendo il peggio da ogni membro della mia stramba assurda famiglia.
C'è la voglia di viaggiare di mamma, che evidentemente mi ha trasmesso anche la maledizione di colui che resta e per questa ragione trovare qualcuno che mi dica "fai la borsa che andiamo" sembra essere impossibile.
C'è l'istinto indipendente sempre di mamma (ma pure di papà alla fine) che effettivamente su di me è un tantino dominante, fortunatamente che il lato femminile-emiliano di cui sopra mi porta a saper donare affetto (pure troppo) quando sento di poterlo fare. La parte altruista temo giunga da prozio Giacomo, partigiano fratello di nonna Rosa, ammazzato in un agguato probabilmente teso dai suoi stessi amici. Potrebbe però arrivare da prozia Teresa (che se mai avrò una figlia lo sanno tutti che si chiamerà così), che s'è fatta torturare alla Casa dello Studente senza dire dove stava Giacomo, che però la fine di merda l'ha fatta lo stesso.
Poi c'è l'amore incondizionato per tutte le bestie che senza dubbio mi ha lasciato papà, così come l'incapacità di perdonare chi mi ha fatto male davvero, mentre il bisogno di camminare all'aria aperta è tutto merito di mia madre.
E alla fine c'è questa passione, quella per la scrittura dico, che è l'unica ragione per cui devo dire grazie a mio nonno Berto.



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