venerdì 29 maggio 2015

Non lo saprà nessuno

Scrivere è un comportamento sociale, per questo pensiamo che allenare la buona scrittura sia un modo per migliorare le nostre relazioni.
Trovata questa frase sulla pagina Facebook della Palestra della Scrittura, mi sono fatta coraggio.

Colonna sonora
Ho iniziato a scrivere questo post quattro mesi fa, quando ho visto una foto e ho pensato: "mille volte ci passano davanti momenti così, piccoli o grandi che siano, ma nessuno mai lo saprà".
Con Instagram possiamo scattare e condividere con tutti e io non ci vedo nulla di male, nessuno è obbligato a farlo ogni volta e a non tenere qualcosa solo per sé.
Quella foto è uno dei motivi per cui scrivo, sempre e da sempre.
Ho paura che tutto mi scapperà di mano senza che nessuno se ne accorga, ho paura che quello che vedo ogni giorno e che è così bello da farmi quasi male possa restarmi dentro e scoppiare. Come se togliessi la linguetta a una bomba e poi non riuscissi a lanciarla lontano.
Questo è uno dei motivi per cui scrivo, cercando di migliorarmi, provando a praticare con costanza e impegno, a volte lasciando le parole per me, altre volte dedicandole a qualcuno, altre ancora condividendole col mondo fuori.
Si può commentare un libro letto (come faccio io da Cindy nella rubrica "Leggermente"), si possono raccontare i propri viaggi, ci si può dedicare ad una passione speciale, si possono mettere nero su bianco esperienze da mamma, da manager, da donna sola o impegnata o entrambe le cose. Si può parlare di una malattia, di un paese, di un lavoro che ci piace o ci fa disperare.
Oppure, come faccio io, si può scrivere e basta.
Ho discusso tanto, tantissimo, in passato a causa di questa mia passione e l'ho fatto soprattutto con chi amavo di più, che si sentiva raccontato al mondo senza quasi parlarne prima con me. Un rischio, concreto quanto spiacevole, che ho imparato a riconoscere, ammettere ed evitare.
Così ho tagliato quasi completamente fuori dal mio blog il rapporto che mi lega ad amici e amori, scrivendo "soltanto" di momenti come quelli nella foto di Comeicavoliamerenda che avete visto all'inizio.
Scrivo col terrore che altrimenti non lo saprà nessuno, un terrore che è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, quando andando a vivere da sola ho smesso improvvisamente di condividere la quotidianità con qualcuno. Che fosse un frigo vuoto, un tramonto mozzafiato sul terrazzo, un fiore sbocciato per sbaglio, una perdita nel tubo del bagno, una bolletta mai arrivata, un nuovo quadro da appendere in salotto.
La paura che non lo avrebbe saputo nessuno, mai, mi ha portata a scrivere di più, senza sensi di colpa e con la semi certezza che fosse quasi un reato non regalare al mondo fuori un po' delle piccole bellezze quotidiane che avevo incontrato per caso #sullamiabuonastrada.
Se questo post ho iniziato a scriverlo quattro mesi fa, l'ho finito "per colpa" di Claudiappì, che mi ha dato una sberla mostruosa pubblicando una poesia che non conoscevo, che ormai fa parte di me e che riassume perfettamente tutto quello che ho cercato di dire. Eccola:

Non lo saprà nessuno


Che abbiamo vissuto, / che abbiamo toccato le strade coi piedi, / che andavamo allegri, / non lo saprà nessuno. / Che abbiamo guardato il mare / dai finestrini dei treni, / che abbiamo respirato / l’aria che si posa / sulle sedie dei bar, / non lo saprà nessuno. / Siamo stati / sulla terrazza della vita / fintanto che sono arrivati gli altri.


Nino Pedretti, al vóusi.




lunedì 25 maggio 2015

Una stanza tutta per me

Questa mattina, appena uscita dal bar della seconda colazione, una signora diceva ad un amico che di fronte all'asilo i vigili stavano cercando di allontanare un capriolo, ma lui non ne voleva sapere di andare via dal giardino.
In quel momento ho capito che alzarmi presto per andare a camminare era stata la scelta giusta.
Avevo bisogno di una stanza tutta per me in cui trovare spazi adatti a riordinare i pensieri pesanti degli ultimi giorni, dove cercare silenzio, concentrazione e, perché no, pace. Ora, sul silenzio magari poteva andarmi meglio, la combriccola a cui mi sono unita (la classe "di arte" di mamma) non si può dire brillasse per mutismo, ma in fondo è andata benissimo così: la compagnia nei giorni no alla fine fa bene, perché ci costringe a relativizzare e a spostare l'attenzione su altro. Ci sarà sempre qualcuno con una disgrazia più grande della tua che ti farà pensare "vabbé dai, che sarà mai".
Oggi l'obiettivo era percorrere parte dell'acquedotto storico di Genova e sicuramente il fatto che ci fossi stata questo inverno in una giornata tanto speciale da rimettermi al mondo, mi ha aiutata parecchio a puntare la sveglia alle sette (e, soprattutto, a scendere da letto).
Quindi, con estrema tranquillità, abbiamo camminato, ci siamo fatti raccontare la storia di quello che incontravamo, abbiamo attraversato ponti, boschi e prati e abbiamo visto un asino, due capre e tre pecore (di cui due agnellini così piccoli da avere ancora il cordone ombelicale appeso alla pancia).
Qualcuno ha raccolto sambuco per i decotti, succhiato il nettare dei gelsomini, mangiato asparagi selvatici e fotografato i fiori di kiwi, io, nel frattempo, ho ripensato ai giochi che facevo da bambina quando mi avventuravo nei boschi. Me ne sono venuti in mente un sacco: il riso al pesto con gli ombelichi di venere, i fischietti con le cime nuove delle canne, le ballerine con i fiori di papaveri, i palloncini con una pianta che non ho mai saputo che nome abbia. Anche allora, come oggi, cercavo una stanza tutta per me.
La stessa forse la cercavano i tre bimbi che ieri hanno partecipato al mio laboratorio: costruendo animali fantastici con materiali di recupero (io mi ero persino portata un vecchissimo libro sulla fauna ligure così mal ridotto che Gabriele, stupito, mi ha detto: "ti consiglio di aggiustare un poco questo tuo libro!") e regalando alle loro creazioni delle piccole luci che le rendessero ancora più speciali. Hanno lavorato quasi due ore con calma, concentrandosi sulle loro idee e lasciando il giusto spazio alla fantasia, rispettandone ogni aspetto, anche se bizzarro.
Dovremmo farlo tutti, ogni tanto, perché ogni volta che rispettiamo qualcosa ci rendiamo felici.

venerdì 15 maggio 2015

Cose capitate

Ormai si sa, che mi piacciono le "cose capitate".
Il mio profilo instagram è tutto un #cosepiccole, #cosebelle, #chebellezza e via dicendo.
In questo periodo ci sarebbero mille aspetti che non vanno, soprattutto dubbi giganti la cui soluzione dipende solo in parte da me, però ogni giorno qualcosa di buono spunta sempre e io non me lo lascio sfuggire.
Non so che piega prenderà il post, mi piacerebbe soltanto scrivere del bello che in questa settimana ho incontrato sulla mia strada, con semplicità, perché si sa che sono i momenti semplici ad essere i migliori.
La prima cosa che mi viene in mente riguarda il laboratorio che ho fatto martedì, con sette bambini intorno a un tavolo, in un posto bellissimo che alle pareti ha appesi quadri come questo. Mentre Jack, il mio collega mago della plastilina, aiutava un partecipante a plasmare il suo piccolo robot, ho captato una frase: alla domanda "ma come posso farlo il corpo?", Giacomo ha risposto "ricordati che è la tua fantasia, non la mia". Mi è sembrato un suggerimento bellissimo, pieno di poesia e di importanza, lasciato con delicatezza come un bagaglio leggero da portare sempre con sé. Io, certamente, non lo dimenticherò.
Un'altra scena preziosa è accaduta ieri sera, mentre ero con un paio di amici pronta a tuffarmi nel mondo di Slowfish. Un marito tornato in anticipo da una trasferta lontana ha fatto la classica sorpresa delle mani che coprono gli occhi alla moglie, completamente ignara di tutto. Io, il vicino matematico e i suoi genitori eravamo informati e ci siamo goduti il momento, chi sorridendo, chi (ovviamente) piangendo. Per pudore non rivelerò di più, ma immaginare è semplice.
Per il mio progetto fotografico #onehandadayproject mi sto concentrando sulle mani delle persone accanto a me, incontrate per caso sui mezzi pubblici, nei vicoli attorno a casa, al bar alla mattina. Nei giorni scorsi ho scattato questa ad un signore in preghiera, che noncurante dei sobbalzi del bus, della gente che spingeva, del caos assordante, non ha mai alzato gli occhi dal suo libro. Con grande rispetto bisbigliato.
Ieri mattina sono andata a correre e quando sono arrivata in Darsena, parecchio stanca perché sto riprendendo a sgambettare pian piano e devo riacquistare il ritmo di un tempo, ho assistito alla delicata operazione di sbroglio delle reti: un gruppo di pescatori attempati e dai visi stropicciati dalla vita di mare si faceva aiutare da un ragazzone di colore, forse un venditore di occhiali da sole in pausa, forse anch'egli pescatore, non lo so, ma avrei tanto voluto scattare un'istantanea a quei sorrisi avvolti dalla luce e dal riflesso dell'acqua.
Le ultime due cose che scriverò sono capitate oggi e mi riguardano molto da vicino.
Le piante della mia casa stanno sbocciando coraggiose: la tillandsia ha fatto un fiore bellissimo e sta producendo nuovi getti che mi fanno ben sperare, mentre l'edera del bagno, quella ospitata dal vaso più grande...beh, non la tiene più nessuno. Scivola lenta giù dal balcone e si arrampica forte sul muro giallo, non sarò certo io a fermarla.
Oggi pomeriggio sono uscita un pochino, finito il temporale ho fatto un giro nel sole e nel vento. Mi sono comprata un anello. Non porto quasi mai gioielli, ogni tanto una collana, raramente un paio di orecchini, ma non tolgo mai un bracciale e i miei cinque anelli. Quattro alla mano destra, uno alla sinistra. Oggi ho sostituito quello che porto al pollice da qualche anno con una piccola vera piena di zirconi o, più probabilmente, di zaffiri bianchi. Il perché abbia sentito la necessità di cambiare il mio vecchio ferma fede d'oro non lo so precisamente, potrei dire che voglio indossare solo anelli d'epoca, in fondo è così, ma mi conosco e so che c'è dell'altro. Ci sto pensando.

domenica 10 maggio 2015

Easy like sunday morning

Si capisce già dal titolo: oggi è domenica.
Ed è ormai da un po' di tempo che mi ritrovo a scrivere qui sul blog in questo giorno della settimana. Vuoi perché nelle ore feriali sono sempre incasinata e presa dai post che devo curare per lavoro, vuoi perché i momenti migliori, quelli più tranquilli e intimi, li conservo per i week end...alla fine va sempre così.
A proposito di settimane complicate, ne sta finendo una mica male, per lasciare spazio alla prossima che sarà anche peggio. Ma, tutto sommato, sembra facile.
Inaspettatamente è stato facile andare a Ferrara in giornata, svegliarsi all'alba, ritornare nella notte, con quattro cambi di treno (di cui uno saltato magicamente come solo Trenitalia sa fare) e una presentazione importante, andata liscia come l'olio tra applausi, sorrisi e tortelli alla zucca. E' stato facile svegliarsi presto ieri mattina per costruire un mazzo di fiori dei miei, questi qui, che volevo regalare ad un'amica di mamma in piena inaugurazione di una nuova avventura. E' stato facile, anzi facilissimo, alzarsi questa mattina, infilare tuta e scarpe da ginnastica e perdersi tra le felci e il cielo azzurro. Per la Festa della Mamma, siamo andate a pranzo al Forte Geremia, un posto che io non ero ancora riuscita a vedere e di cui mamma mi aveva parlato un sacco, e benissimo. Effettivamente è un incanto, un lungo lumacone addormentato sui prati, ora adibito ad agriturismo e, volendo, a dormitorio, dove si può mangiare nei week end e avvertendo con un po' di anticipo rimanere anche per la notte. Ci siamo sdraiate sull'erba rivolte verso il mare, mentre la città paralizzata aspettava il Giro d'Italia, abbiamo mangiato una grigliata buonissima con le patate al forno e ci siamo fatte raccontare, con mini giretto incorporato, la storia del forte. Poi ci siamo di nuovo allungate sotto al sole e io, come al solito, ho avuto la peggio ustionandomi una gamba e assicurandomi un'abbronzatura a strisce a dir poco imbarazzante. Però è stato tutto facile, scottatura compresa.
Questo fine settimana è stato così facile che è volato in un baleno e io spero tanto che anche i prossimi giorni non siano da meno: ho laboratori sparsi nel raggio di trenta chilometri, da raggiungere con i mezzi nel minor tempo possible, ho week end di lavoro da organizzare, aperitivi cene e compleanni da incastrare, animazioni da studiare, ma tutto sommato mi sembra facile. Non lo so perché, ma è così.
Nel frattempo, per semplificare ancora di più e rendere tranquillo ogni pensiero difficile, condisco le mie giornate con piccoli momenti di felicità, come esaudire ben cinque dei desideri della mia wishlist di qualche tempo fa, in un colpo solo!
- Voglio andare dal parrucchiere e ravvivare il rosso dei capelli [per questo avevo barato e l'avevo esaudito prima ancora di scrivere l'elenco]
- Voglio andare dall'estetista e concedermi qualcosa di più che la solita ceretta
- Voglio ricominciare a correre e fare sport, visto che sono immobile da almeno due settimane
- Voglio comprarmi un costume bello. Ma bello davvero, di quelli che durano due, tre, quattro estati senza diventare molli, scoloriti e tristi (l'avrei pure già individuato, non costasse 90 euro)
- Voglio tornare a cena qui
- Voglio vedere almeno tre mostre: questa, questa e questa
- Voglio riuscire a iscrivermi qui
- Voglio sfruttare l'occasione offerta dall'ultimo desiderio per trascorrere minimo due ore qui dentro (sto già immaginando tutto quello che comprerò)
- Voglio informarmi sul corso di ceramica della parrocchia vicino casa (almeno informarmi, dai)
- Voglio cavalcare l'onda della convalescenza per rallentare e leggere e dedicarmi all'handmade come ho fatto negli ultimi giorni
- Voglio tornare a Bergamo Alta e andare qui, perché l'unica volta che ci sono stata questo splendido negozio era chiuso e soltanto mesi dopo, seguendo per caso su instagram il profilo di MysticFlaminga7, ho scoperto che mi stavo perdendo proprio tra gli stessi vestiti e accessori che avevo intravisto in quella vetrina spenta
- Voglio riuscire a partecipare a un Bookeater Club di Zelda
- Voglio andare al mare e stare con la mia gatta per interi pomeriggi (questa, me ne rendo conto, è un'utopia. Perché devo, seppur poco ahimè, lavorare e perché la mia gatta non passerebbe mai interi pomeriggi con qualcuno)
- Voglio attivare una carta prepagata, pur sapendo che questo mi condurrà brevemente alla morte per stenti
- Voglio programmare un piccolo viaggio
- Voglio andare a un concerto figo
- Voglio ridere assai

Bene, alla Scuola Holden mi sono appena iscritta, all'handmade mi sono dedicata per mezzo weekend, l'estetista mi aspetta martedì mattina, il dopocena lo trascorrerò a sfogliare il (bellissimo) catalogo di Melissa Erboristeria che mi ha mandato Valeria qualche giorno fa, e adesso chiudo il post perché vado a correre. Per ridere assai troverò il modo. Facile. Easy like sunday morning.

domenica 3 maggio 2015

Faccio cose (vedo gente)

In questo periodo faccio cose...e vedo gente, poca per la verità. Vedo poca gente perché, appunto, faccio cose.
E dormo.
Ma dormo forte, fortissimo, tipo che vado a letto presto e mi sveglio alle sette, scendendo solo una, massimo due volte, per fare pipì. Non me ne capacito e all'inizio non lo dicevo a nessuno, neppure a me stessa, ma ora non posso nasconderlo più: mamma mi cerca e io non rispondo, perché dormo. I vicini scrivono sul gruppo whatsapp e io vedo i messaggi solo il giorno dopo, perché dormo. Nel week end il pranzo lo sostituisco con la colazione perché prima...dormo. Subito credevo che il sonno mostruoso fosse dovuto agli antibiotici da cavallo presi per la broncopolmonite, ora però, dai, li ho smessi da un un po'. Ho anche pensato che "Aprile dolce dormire" fosse la vera (e ragionevolissssima) causa dell'improvvisa narcolessia, ma oggi è il tre maggio, mi sono alzata tardi e ho pure dormito due ore dopo "pranzo" (un pasto a base di caffè e biscotti). Ieri sera ho fatto turno all'Altrove e ho cenato a mezzanotte, con un piatto di trippe. Credevo che non solo non avrei chiuso occhio, credevo che sarei morta. Nulla, ho semplicemente dormito.
Quindi, si diceva, quando non dormo faccio cose e, ogni tanto, vedo gente.
Le cose che faccio, però, non si notano, perché sono tutte in continuo divenire e sono per lo più caratterizzate da interminabili attese.
Io però sono tanto soddisfatta.
Innanzi tutto sto lavorando, senza l'ansia dello stipendio perché devo prima capire se ho diritto alla disoccupazione e nel frattempo non posso cumulare troppi utili, perciò sto lavorando per lavorare. E questo è davvero una figata. Ho meno sensi di colpa sugli orari, sulle scadenze, sugli obiettivi e il risultato è che sono puntuale e raggiungo tutto quello che mi prefiggo.
A Scuola di Robotica le cose vanno bene, io mi diverto sia con i ragazzi sia quando scrivo e il nuovo sito ha riservato un posto tutto speciale per gli articoli de L'uomodilatta che mi rende un sacco orgogliosa di questo piccolo mondo nato ormai tre anni fa, per gioco, dopo aver partecipato ad una Scuola Estiva che mai dimenticherò.
La settimana scorsa ho fatto lezione in università e davanti ad una classe di sole femmine paragonare la preparazione pittorica al fondotinta, l'imprimitura alla cipria, il blush e gli ombretti ai pigmenti è sempre molto divertente e, mi pare, lo è anche per chi mi ascolta.
Venerdì andrò al Salone del Restauro di Ferrara e porterò un lavoro che ho fatto un paio di anni fa per il Museo dove ho trascorso più tempo e imparato più cose in quel lungo percorso che sono stati il dottorato e l'assegno di ricerca: sono contenta di poter raccontare ad un bel pubblico che anche una piccola realtà comunale, con impegno e dedizione, può raggiungere un grande risultato. Il frutto delle nostre analisi e dello studio di numerosi esperti del settore finirà dritto dritto anche in un e-book che è già pronto (e bellissimo) e verrà presentato proprio al Salone.
Nel frattempo preparo il power point per questa occasione e per l'evento finale del Progetto Firewall, un'altra avventura terminata da pochissimo e dalla quale ho imparato un sacco.
Per le prossime settimane ci sono in programma molti laboratori e un grande ritorno in un Science Center dove lavorai anni fa, divertendomi tanto. Sono previste lunghe sessioni di scrittura per nuovi progetti, programmazioni difficili per percorsi didattici desiderati e ottenuti, preparazioni pratiche (e psicologiche!) per interi weekend di lavoro.
E poi c'è il mio piccolo mondo parallelo, fatto di storie verdi come il pothos che vedete nella foto, che è talmente gigante da attraversare tutta la cucina e tutta la sala per terminare appeso a uno dei miei quadri preferiti, "La Conservatrice della Flora" di Emanuele Luzzati, un regalo per la prima laurea arrivato dai vicini vesimini tanti anni fa. Un altro pothos altrettanto grande sta colonizzando il bagno ed entrambi vengono da una casa preziosa, da pochi giorni molto vuota anche se piena, che, grazie all'attitudine generosa e di estrema condivisione di una famiglia, sta lasciando un pezzo di sé nelle vite degli amici. Io sarò circondata da nuovi libri e da tanto, tantissimo, verde, proprio come piace a me.