domenica 6 marzo 2016

Chi va piano va sano e va lontano

Sono una persona costante, credo. Ma parto a rallentatore.

Non nel senso che pondero molto prima di rimboccarmi le maniche, tutt'altro. All'inizio di ogni nuova cosa che mi capita sono frenata soprattutto dal fatto che, fondamentalmente, non ci credo. Non so cosa significhi buttarsi a capofitto. Non dico quasi mai di no alle occasioni che mi si presentano, ma certamente non mi vedrete lanciata nei primi momenti di un progetto.
Che sia questione di sentimenti, affetti, lavoro, passioni, sport: piano piano...forte forte.

Verso i vent'anni mi comprai un libro intitolato La paura degli altri, non nel senso di quello che gli altri temono, ma proprio nel senso di avere paura del prossimo. Ero terrorizzata all'idea di trovarmi al centro dell'attenzione, ero stata una bambina fobica delle recite, delle gare di atletica e di nuoto, degli spettacoli di pattinaggio e danza, delle partite di pallavolo. Comprando quel libro volevo capire cosa succedesse nella mia testa ogni volta che si presentava l'occasione di avere degli occhi puntati addosso. Ricordo che mi servì moltissimo leggere le storie raccontate, le soluzioni, le terapie di tante persone spaventate dal resto del mondo almeno quanto me. Lentamente, ci vollero anni e tantissima pratica, parlare in pubblico divenne più semplice. Non feci entrare nessuno durante la discussione della mia tesi di laurea, né la prima né la seconda volta. Non invitai mai amici e parenti a convegni, seminari, conferenze nei quali era previsto un mio intervento. Non condivisi belle figure, successi, gioie. Ma lavorai duramente e ottenni tanti risultati: ora, per esempio, fare lezione in classe, raccontare il mio lavoro, animare un laboratorio, organizzare attività per il pubblico e con il pubblico, non solo sono lavori che faccio con naturalezza, ma sono anche lavori che mi piacciono moltissimo.

Quando iniziai a scrivere qui sul blog non pensavo assolutamente che sarebbe durato. Aprii la pagina in pochissimo tempo e non smisi più di aggiornarla. Non ho mai creduto di saperlo fare bene, tanto meno ho pensato che le cose che lasciavo tra queste righe potessero interessare o piacere a qualcuno. Ho pochi lettori ma quei pochi mi fanno spesso sapere che le mie parole li colpiscono, li stimolano, addirittura qualcuno ha usato la parola ispirare. Incredibile.

Ho cominciato un corso di fotografia anni fa e non solo l'ho finito, ma mi sono iscritta pure al modulo avanzato, ho comprato una macchina fotografica e ho scattato foto in continuazione, in gita, in viaggio, al lavoro... sempre. Non sono certo una fotografa professionista ma mi piace e, a detta degli altri, a volte mi riesce pure piuttosto bene.

Ho scelto un'università piuttosto facile, era il 2001 e quando si è presentata l'occasione di complicare un po' le cose cambiando indirizzo...beh, l'ho fatto. A ogni esame ero certa che sarebbe andata male, ogni semestre pensavo sarebbe stato l'ultimo e il mio futuro un sonoro fallimento. Invece mi laureai, mi dottorai, ottenni un assegno di ricerca e ora vivrò fino all'autunno grazie a una borsa di studio, poi si vedrà. Certo, nel frattempo ho fatto (e faccio) tutti i lavori possibili e immaginabili per provare a mantenermi, anche cose mooooolto distanti dal mio percorso di studi, ma chissene, va bene così.

È andata allo stesso modo quando ho risposto alla prima mail dell'editore in cerca dell'autore giusto per un libro: non ero sicura di nulla esattamente tanto quanto mi sono sentita confidente e a mio agio mentre scrivevo i sei capitoli di laboratori di robotica creativa e attività con materiali di recupero che andranno a riempire le pagine del mio libro per bambini.

Ho pensato a questo post sulle partenze rallentate oggi, prima di pranzo, mentre camminavo con i miei amici nel Parco di Portofino, felice anche se in piena salita. Da bambina non amavo le gite in montagna, nonostante alla fine essere lì, tra prati mucche e sentieri mi piacesse da matti. Mi lamentavo un po' all'inizio e poi marciavo seria e concentrata fino alla meta. Lo faccio ancora adesso, iniziando piano e assestandomi poi sulle mie stesse frequenze, un passo davanti all'altro, aria dentro dal naso e fuori dalla bocca. Questo ingranaggio in movimento diventa improvvisamente la cosa più facile e indispensabile del mondo. Soprattutto se in cima alla strada ti aspetta una vista come quella nella foto, il panorama che si gode dall'Agririfugio Molini mangiando un piatto scuccuzzo con vongole e ceci e bevendo vino bianco.
Evviva.

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