domenica 15 maggio 2016

Un brusío di silenzio


Ogni cosa è isolata davanti ai miei sensi,
che l'accettano senza scomporsi: un brusío di silenzio.
Ogni cosa, nel buio, la posso sapere
come so che il mio sangue trascorre le vene.


Qualche giorno fa ho fatto un test. Uno di quelli stupidissimi che Facebook ogni tanto si ostina a propinarmi inutilmente. Questa volta mi sono lasciata incuriosire e ho provato: era legato al mio segno zodiacale e prometteva di rivelarmi a quale poesia fosse associato il Capricorno.
Per la cronaca, io non credo nell'astrologia e mi diverto unicamente a leggere l'oroscopo di Brezsny su Internazionale, il perché non lo so e non ho nemmeno voglia di chiedermelo. Forse mi pare intelligente, ironico e simbolico quanto basta per non trovarlo noioso e stupido.

Ad ogni modo, il fantomatico test ha dato come risultato le quattro righe che vedete quassù in corsivo. Si tratta di uno stralcio di Mania di solitudine, poesia per nulla facile e leggera di Cesare Pavese. Perché l'ho presa tanto sul serio da scriverne un post? Perché (santo cielo) mi ci sono ritrovata completamente. Leggendola tutta sono a disagio, riconosco bene ogni sensazione descritta ma non la sento sulla mia pelle. Quelle poche parole proposte dal test, però, sì.
Eccome.

Mi trovo spesso a ragionare da sola su quello che sarà di me, su come continuerà la mia vita, sulle possibilità lavorative che forse arriveranno o forse no, su una ipotetica famiglia del futuro che chissà se mai nascerà. Lo facciamo tutti, credo, a questa età.
Però, ultimamente, c'è una cosa che accade sempre più spesso e che lo sento, davvero, quanto mi faccia bene. Quella cosa è l'improvvisazione: alla ricerca della bellezza. Zero programmi, cento soddisfazione. Sono già cambiata molto, rispetto al passato in cui calendarizzavo ogni cosa, ora però mi lascio assai spesso trasportare dagli eventi.
Una delle ultime occasioni è capitata il week end scorso, a Bologna, quando mi sono ritrovata per caso un giorno in più su una tabella di marcia inaspettata e questa modifica, prima presa malissimo e maledetta per un pomeriggio intero, è diventata, semplicemente, un'opportunità. Siamo andati a visitare la mostra di Hopper ma, cosa ancora più improvvisata, ci siamo arrampicati fino lassù, al Santuario di San Luca. Andateci, a piedi mi raccomando, percorrendo gli infiniti portici in salita, tra gente che corre, marcia, chiacchiera e fotografa.

Siamo riusciti a fare una gita nella gita: che bellezza!

Ieri mattina, per occupare al meglio un sabato pre lavorativo abbiamo finalmente visto la mostra di Salgado e poi ci siamo persi per i vicoli della nostra città dove, di nuovo inaspettatamente (forse nemmeno troppo, conoscendomi), sono riuscita a comprare un maglione, una borsa, un vestito e un dinosauro di plastica con diciannove euro al mercatino di quartiere. Se non è un'occasione questa!

L'ultima opportunità improvvisa, colta al volo sul bus mentre tornavo dalla visita a una nuova vita appena arrivata, la vedete quassù: il tramonto su Genova di ieri sera. La foto non è mia, ovviamente, visto che mentre il cielo si faceva giallo zabaione io mi lasciavo sballottare beata dal diciassette barrato, immersa nel mio solito brusío di silenzio. Però, appena ho capito cosa stava succedendo, gli ho mandato un messaggio: "fai un po' una foto al tramonto, immagino sia bellissimo".
Lui l'ha fatta.
E me l'ha mandata.

P.S. Lo scatto è di Andrea.





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