giovedì 18 agosto 2016

You cannot tame something so happily wild...


[Avviso: post lunghissimo, con i tempi verbali un tantino fantasiosi. Vogliatemi bene comunque]

Ho ricevuto in regalo questo libro qualche giorno fa, poche ora prima di partire per una gita meravigliosa. Me lo hanno regalato due amici che mi conoscono piuttosto bene e che, soprattutto, conoscono bene il mio lato selvaggio, decisamente dominante sugli altri aspetti del mio carattere. Negli anni forse sto migliorando, ammesso che addomesticamento sia sinonimo di miglioramento: la storia del libro (mi) confermerebbe tutto il contrario. Il titolo del post è l'ultima frase di "Wild".

Ad ogni modo, dicevo, ho ricevuto questo regalo pochi giorni prima di partire per una camminata, organizzata all'improvviso nel prato delle Piscine di Casella, guardando il meteo, studiando la cartina e facendo una telefonata.
Siamo partiti la mattina di Ferragosto da Genova, in motorino abbiamo raggiunto Torriglia (fare tutto il percorso con il bus, in orario festivo, sarebbe stata un'impresa impraticabile anche per me che difendo sempre con i denti il trasporto pubblico) e, dopo una sosta obbligata per chiedere informazioni, prendere un caffè e farci preparare il panino al salame dall'alimentari del paese abbiamo proseguito fino a Bavastrelli. Lì ci siamo liberati del motorino e siamo partiti a piedi.

Inizia così il nostro viaggio a tappe, tante, visto l'orario criminale in cui abbiamo cominciato a camminare. Suddividerò questo post in quindici punti, proprio rispettando le soste che abbiamo fatto e raccontando, una pausa dopo l'altra, cosa abbiamo visto, cosa mi ha colpita di più, cosa vi consiglio di fare nel caso voleste avventurarvi nella stessa impresa seguendo le nostre orme. Parto subito con le indicazioni, premettendo che per raggiungere il Rifugio dell'Antola ci sono diverse possibilità. Potete partire dalla Casa del Romano passeggiando praticamente sempre in piano e con poca fatica, da località Donetta facendovi il mazzo (almeno così mi hanno detto i signori del paese incontrati al bar) o da Bavastrelli come abbiamo scelto noi, consapevoli che avremmo incontrato solo salite per almeno due ore (ce la siamo presa moooolto più comoda).

[Tutti i link che ho segnalato vi fanno raggiungere la vetta del Monte Antola, il Rifugio da lì dista dieci minuti].

Ecco le tappe:

1. Prima sosta alla fonte per mangiare il panino al salame. Non siamo nemmeno partiti che già ci sediamo per pranzare, a nostra discolpa possiamo dire che mentre salivamo abbiamo incrociato decine di famiglie in assetto da grigliata in giardino: una fra tutte quella che cuoceva cento chili di asado su una rete del letto. Che meraviglia.

2. Seconda sosta alla fonte per ricaricare le pile e la borraccia. Siamo in pieno bosco e non soffriamo il caldo... per adesso.

3. Terza sosta sotto al faggio più bello del mondo, seduti al tavolo, tra disegni botanici e consapevolezza di essere a metà strada, col sole a picco, di fronte alla pietraia.
[n.b. Nel parcheggio di Bavastrelli abbiamo incrociato alcune signore del luogo che chiacchieravano tra loro trasportando lasagne e bottiglie di vino: "Per andare sull'Antola occorre partire la mattina presto, se si va ora si muore di sete sulla pietraia"]

4. Quarta sosta sul sentiero grazie all'ennesimo tavolo all'ombra. Da qui in poi abbiamo deciso di non fermarci più e di goderci il bosco fino al rifugio.

5. Arrivo al rifugio, dove abbiamo trovato torta di mele e birra ad accoglierci, un panorama mozzafiato, le ciabatte all'ingresso e un'accoglienza discreta e gentile.

6. Posato uno zaino su due siamo saliti in vetta, dove non ci sono parole da dire, solo silenzio e gratitudine. Perché quello è un posto in cui guardando sinistra si vedono le montagne, di fronte si vede il Lago del Brugneto, a destra si vedono il mio mare e il mio paese d'origine, dietro si vede la pianura. E poi i fiori di montagna, i sassi, gli insetti, i gruppi di daini veloci, gli escursionisti con le gambe storte, il sole e la gioia vera.

7. Dopo un po' di riposo, una doccia veloce per non sprecare l'acqua, una sosta con i binocoli di una compagna di rifugio per osservare un daino gigante mangiare su una sella lontana, abbiamo cenato e chiacchierato, guardato video di volpi incontrate al tramonto, parlato di viaggi e cibi insoliti, raccontato di sentieri, nebbia, topi e solitudine.

8. Prima di coricarci abbiamo guardato il cielo, illuminato da una grande luna. Nonostante la luce ci siamo portati a casa una bellissima stella cadente.

9. La notte in condivisione, come temevo, non è andata granché bene. Essere svegliati dieci volte da un cellulare lasciato inspiegabilmente accesso non è tollerabile mai, figuriamoci in un rifugio di montagna.

10. Per fortuna le sei sono arrivate presto e con ancora il pigiama addosso e gli occhi semi chiusi siamo corsi in vetta per guardare l'alba. Non eravamo soli, con noi un ragazzo giunto in rifugio la sera prima, un gruppo di mucche, una volpe e una lepre lontane (almeno così sostiene Andrea!).

11. La colazione ci attendeva al rientro dalla fuga notturna e insieme a noi, nel prato, mangiavano un piccolo daino e la sua mamma.

12. Dopo aver dormicchiato qua e là, un po' sulle travi di legno all'aperto, un po' avvolta nel sacco a pelo, siamo ripartiti. Questa volta le soste sono state poche, abbiamo incontrato qualche daino nella foresta e raggiunto Bavastrelli velocemente. Da lì siamo ripartiti con il motorino e poi a piedi in direzione Lago del Brugneto. Sulla via ho anche trovato il tempo di lasciare una foglia gentile, vicino a una fonte, la prima "abbandonata" fuori città.

13. La strada nel bosco, una mezz'ora di cammino, ci ha portati sulle sponde di questo grande lago artificiale. La stagione estiva rende il paesaggio lunare: spiaggette di limo secco e rifiuti di epoche passate, alberi ricoperti da vecchio fango indurito, rovi e radici ovunque sono ciò che l'abbassamento del livello dell'acqua ha lasciato dietro di sé. Ci siamo un po' impressionati per questa desolazione, avvertendo chiaramente la differenza tra un luogo artificiale e uno naturale. Siamo rientrati passando dal bosco e incontrando qualche capriolo arancione.

14. L'idea era quella raggiungere la diga in motorino per mangiare lì il nostro ennesimo panino al salame, ma avevamo decisamente calcolato male le distanze: troppa strada, troppe curve, troppa benzina ci separavano dalla meta e così, affamati e finalmente un po' stanchi chi siamo fermati a Santa Maria al Porto, per pranzare davanti alla chiesa. Ci ha fatto compagnia una bambina, intenta a giocare da sola sul sagrato, così concentrata da rifiutare persino il gelato offerto dalla nonna con un urlo sull'uscio di casa.

15. Il nostro viaggio è terminato così, con un caffè sulla via del ritorno, un sonno incredibile che mi ha fatto addormentare in motorino (!) e tanti ricordi da fissare per bene nella memoria.

Come scrivevo poco tempo fa proprio qui sul blog ci sono momenti in cui sembra che il tempo, in realtà, non abbia tempo. Giorni di dodici ore come tutti gli altri che paiono durare molto di più, week end lunghi quanto una settimana, decine di emozioni diverse (stupore, paura, gioia, malinconia...) che dilatano tutto e confondono i piani.
Questa gita è stata proprio così, dilatata, confusa, improvvisata e perfetta, perché "Non puoi domare qualcosa di così felicemente selvaggio".








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